Rapido 904, la strage di Natale

Dicono che la guerra sia cominciata il 23 dicembre 1984.
Federica non sapeva di dover fare il soldato, dodici anni e i primi segni di donna sul viso. Il treno allontana Federica dalla sua isola, è un rapido, viaggia di sera. Gallerie, campi coltivati, animali. Da qualche altra parte un tizio col telecomando.
Il soldato Federica guarda fuori: stazione di Santa Maria Novella. Carrozza nove, nuovi passeggeri. Due persone piazzano le loro valigie sulla griglia portabagagli, ma non si siedono. Il soldato Federica stringe la mano del suo papà. Il treno è pieno di gente. Galleria direttissima, diciotto chilometri che si infilano nell’Appennino.
Sono le 19:08 e il tizio col telecomando spinge il pulsante. A Federica piacciono i treni, chi vive sull’isola non li vede mai. Tredici chili di esplosivo spezzano il treno a metà. Urla, buio, fumo, puzza di polvere da sparo. Qualcuno aziona il freno di emergenza. Non si vede nulla. Il papà di Federica urla il suo nome, lei non risponde. Non risponde più. La mafia dichiarò guerra allo Stato, diciassette morti e più di duecento feriti. La prima di molte battaglie.
I mandanti non sono mai stati trovati. Lo Stato ha condannato i familiari delle vittime al risarcimento delle spese processuali. Il personale del treno ebbe in premio una medaglia d’oro, il soldato Federica un palazzetto dello sport.
La guerra non è mai finita.

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