La “deposizione” quirinalizia mi ha fatto tornare in mente questo appunto che ho scritto il 21 ottobre 2009 (cinque anni fa).
Fra il ’92 e il ’93 sono accaduti fatti molto inquietanti, son girati timori per qualche “golpe” o “golpetto”. Oltre a quel che ricordano tutti (Falcone, Borsellino, le bombe dei Georgofili, di Milano, del Velabro e di San Giovanni) c’è altro, di cui sono stato diretto testimone. Il 23 maggio 1992 erano in corso le sedute per la elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Ancora non si sapeva se a Capaci Falcone fosse morto, che Cristofori, sottosegretario alla presidenza con Andreotti premier, chiese di parlarmi. In quel periodo ero nella segreteria del Pds. Pensai, subito, che volesse sollecitare il nostro voto per il suo capo. Invece, bianco come un lenzuolo, mi disse il contrario: l’attentato era stato fatto “per sbarrare a Giulio la strada del Quirinale”; la sua candidatura non c’era più. Restai allibito. Giulio capì (cosa non lo so) e il Quirinale uscì dai suoi orizzonti. Oltre che scritto nel mio “Rendiconto” (Il Saggiatore, 2001) tutto questo è agli atti giudiziari nella inchiesta della procura di Caltanissetta. Sono stato chiamato a testimoniare, come Cristofori e altri. Il mio racconto è uscito confermato.
Con Ciampi presidente del consiglio avevo frequenti contatti per reciproca informazione. Negli ultimi giorni del luglio ’93 ci vedemmo, subito dopo le bombe di Milano e di Roma. Mi espresse le sue angosciose preoccupazioni. Alle bombe di poche ore prima, aggiunse il black-out del centralino di Palazzo Chigi e lo sciopero, in corso, degli autotrasportatori. Non risparmiò un parallelo con il Cile: “Fu proprio lo sciopero degli autotrasportatori – mi ricordò – a creare in Cile il caos che aprì la strada a Pinochet”.
Il groviglio mi è tornato a galla a sentire cosa dice il figlio di Ciancimino sulla “trattativa”; mentre per Grasso – procuratore generale antimafia, persona fino a prova contraria seria e affidabile – i “contatti” con la mafia salvarono la vita ad alcuni personaggi politici esposti e minacciati. Ho ripensato al ritiro di Andreotti dalla corsa al Quirinale. Poche settimane prima, il 12 marzo del 1992, era stato ammazzato a Palermo Salvo Lima, il proconsole andreottiano in Sicilia. In un certo senso, anche la rinuncia di Andreotti a competere per il Quirinale potrebbe essere considerata esito di una “trattativa”; a suon di bombe e che aveva come posta vite umane.
Grovigli del genere non saranno mai sciolti da una illuminante “verità giudiziaria” ventilata con presuntuosa impazienza. Come nelle psicoterapie servono lunghe analisi, molto coraggio e apprezzamento per ogni progresso, anche se parziale e non definitivo.