La sirena blu

“Mettila, che sennò ti screpoli tutta! Ché, non lo senti il freddo che morde?”
Ma sì, che lo sento. E non servono gli imperativi. Il problema non è spalmare, ma riuscire a fermarsi!
Ho sempre trovato adorabile quel ninnolo di latta. Due valve circolari che si dischiudono con un semplice Swap e, dentro, la stagnola liscia, ancora aggrappata al bordo. Mia nonna la usava. Mia zia ne aveva una piccolissima, comoda e discreta – perfetta per la pochette – probabilmente guadagnata in farmacia, optional di un fondotinta dorato.
Violata la copertura, l’unguento è lì, intonso, vellutato, bianco da morire. Il polpastrello sfiora, raccoglie, accarezza; la pelle, beata e ingorda, assorbe che è un piacere. E ha un profumo!
Lo Swap del giorno dopo è più deludente, non ci sono santi. La stagnola, malamente rimboccata nel coperchio al primo appuntamento, è tutta broncio e pieghe. Per scansarla, l’unghia affonda nel candore e s’inzacchera, senza se e senza ma. La sbobba sembra ancora neve, sì… picchiata da tacchi insolenti. Ecco i buchi, i solchi, le scie e le stalagmiti mosce, lunari e orribilmente pendule.
Ma non so resistere al richiamo. Il bianco è un canto, una melodia soffice e piena di “vedremo”. E io sono un Ulisse un po’ frou-frou: ammaliato dalla sirena blu e con i pori del viso in crisi di astinenza, pronti a essere stuccati, ancora e ancora, a suon di crema Nivea.
Non-legatemi-all’albero-maestro. D’accordo?!
SWAAAP!

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