The Help è un film social network, e lo è nel senso migliore. Come in un social network non c’è una fonte privilegiata e dominante di informazione e le voci si trasmettono velocemente, con rabbia o ironia o i più variegati sentimenti, comunicando fra loro e creando nuove tendenze all’azione. In questo film non esistono nè un’eroina nè una storia principale, bensì una rete di rapporti che, attraverso un uso sociale della parola, comincia ad avviarsi, a funzionare e a cambiare una realtà drammatica con strategie di ironia e narrazione. Siamo nel Mississippi dei primi anni Sessanta; sono in vigore leggi feroci e umilianti di separazione fra neri e bianchi, trionfa una visione ristretta e conservatrice della famiglia e del ruolo della donna in generale. In questa situazione le donne nere, quasi tutte baby sitter e cuoche, pagano un prezzo speciale. Tuttavia, in The Help, il legame fra tate (nere) e bambine (bianche) diviene fondante e porta a importanti cambiamenti, sia individuali che sociali. Situazioni di finta carità ecumenica e di reale oppressione saranno smascherate e a poco a poco nuove tracce di rapporti cominceranno a svuotare un mondo oppressivo dei suoi pseudo-principi. Una ragazza anticonformista appena uscita dal college non dimenticherà il suo legame con la donna nera che l’ha allevata e comincerà a farsi testimone e raccoglitrice delle storie di domestiche nere. Queste rischieranno molto, affidando la propria voce a un testo, ma sapranno sviluppare strategie vincenti e non cadere nelle trappole dell’odio bianco. Il vincolo creato con una bambina bianca nell’infanzia non sarà stato vano, il filo reggerà gli strappi. Questo film ci dice che legami d’affetto, amore, solidarietà possono cambiare il mondo. Qualcuno brontolerà che è solo un’utopia femminile; non badategli e raggiungete il primo cinema che potete, anche fra la neve, sia pure un anonimo The Space. Se volete davvero cominciare a pensare che la vita non è tutta qui questo film potrà darvi un aiuto importante. The Help helps.
