Menti sospettose

Resto a seguire le vostre menti sospettose con il naso appiccicato contro il vetro. Ciò che si ha, si usa. Io ora uso il naso. Poi, un giorno, forse, la voce. Alle vostre menti sospettose non piace questo Huck con il ciuffo, senza scarpe, amico dei negri. Questo scozzese che imita le loro mosse oscene. Eppure questo pezzente del Mississippi è il più grande antropologo di tutti i tempi. È sceso giù al fiume e, usando la sua chitarra come zattera, è andato a raccattare le anime perdute dei Choctaw e dei deportati Yoruba per formare il più grande coro mai sentito. Un coro di una voce sola. Una tribù di un uomo solo. Dalla Valle degli uomini al Mississippi, un viaggio di tre milioni di anni concentrato in un movimento del bacino, in un sorriso: fiero e dolce allo stesso tempo. Ora sto qui, a guardare le vostre menti sospettose, contro il vetro delle vostre case addobbate per il Giorno del Ringraziamento. Il vetro è appannato dal mio alito e non mi accorgo che la padrona di casa è uscita per invitarmi a mangiare il tacchino con la sua famiglia. Sono in trappola, ma, del resto, ciò che si ha si usa. Gli americani usano i simboli della loro tradizione bicentenaria, io, il mio sorriso. Un giorno, miliardi di menti sospettose verranno a vedere questo sorriso furbetto, irriverente. Vorranno vedermi mentre scuoto il bacino, mentre m’inginocchio dinanzi a loro per ringraziarli. Perché io sono tutti gli uomini.
Perché io sono il Re.

 

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