Le elezioni del 24 e 25 febbraio 2013

Do seguito all’ultima nota preelettorale di questo vadetecum, nella quale invitavo a non fermarsi ai dati percentuali ma a considerare anche i numeri assoluti; perché fanno capire cose che altrimenti sfuggono. Qui confronto i numeri tratti dal voto alla Camera dei deputati nel 2008 con quelli omologhi delle elezioni di domenica e lunedì.
1. Il numero degli elettori residenti in Italia in cinque anni non è cambiato molto; quest’anno è stato di 46 milioni 906mila 341. I votanti sono stati 35milioni 271mila 540 (75,19%) e i voti validi 34milioni 2mila 523; rispettivamente 2milioni 603mila 29 e 2milioni 449mila 763 in meno sulle precedenti elezioni politiche. Questo è il numero dei cittadini italiani che in un quinquennio hanno deciso di passare dal voto al non voto.
2. La coalizione di Bersani ha raccolto 10milioni 47mila 603 voti, 3 milioni 638mila 898 in meno rispetto a quella simile di Veltroni del 2008 (con la variante di Sel al posto di Idv); contrazione che per 3 milioni 448mila 782 va imputata al Pd.
3. La coalizione di Berlusconi ha raggiunto i 9milioni 923mila 109 voti; ben 7milioni 140mila 981 in meno dell’alleanza, sostanzialmente identica, del 2008. Questa diminuzione riguarda per 5milioni 957mila 389 voti il Pdl e per 1milione 634mila 391 la Lega.
4. Le due liste nuove presenti questa volta e che sono entrate in Parlamento – M5S e “ListaMonti” – hanno ottenuto rispettivamente 8milioni 689mila 168 e 2 milioni 824mila 1 voti; assommate fanno 11 milioni 513mila 169.
Da questi numeri si possono ricavare le seguenti osservazioni:
a. Gli italiani che quest’anno si sono comportati in modo diverso rispetto a cinque anni fa sono stati circa 14 milioni: 11 milioni e mezzo votando liste non presenti nel 2008, 2 milioni e mezzo passando dal voto al non voto. E’ pochissimo meno del 30% del corpo elettorale. Elezioni nelle quali si verificano spostamenti di tale portata sono molto rare e segnalano una situazione molto fluida e critica.
b. Le due coalizioni maggiori che nel 2008 raccoglievano insieme quasi l’85% dei voti validi questa volta non raggiungono neppure il 60% (per l’esattezza 58,7). E’ un indebolimento di entrambi i poli; ne deriva una ipoteca sulla loro capacità futura di cementare e innervare una maggioranza di governo.
c. La contrazione, pur molto consistente in entrambi i casi, non è però uguale per le due coalizioni. Quella di destra perde oltre il 40% dei suoi effettivi del 2008: meno il Pdl (il 45%) più la Lega (il 54%). Quella di sinistra contiene la caduta al di sotto del 30% dei voti presi nel 2008; il Pd in particolare registra una diminuzione pari al 28,6%.
d. Questi confronti fanno giustizia di luoghi comuni ampiamente correnti che nascondono o offuscano quanto è realmente accaduto. Non è vero che ci sia stato un “miracolo Berlusconi”. In realtà la perdita subita dalla sua coalizione è stata pesantissima. Non è vero che Bersani non abbia vinto come si aspettava perché ha pagato alle nuove liste e in particolare a M5S il prezzo maggiore; che è, invece stato pagato dalla coalizione di destra sia in termini assoluti sia in proporzione alla propria forza. E’ vero invece che l’insuccesso di Bersani è stato determinato dalla incapacità del Pd di difendere il livello del 2008 o almeno di non allontanarsene troppo. La diminuzione registrata rispetto a 5 anni fa è, infatti, più bassa rispetto al 40% e più della coalizione berlusconiana; ma è pur sempre molto alta avvicinandosi al 30%.
Ecco quanto mi sembra ci sia da dire per una valutazione motivata e non emotiva del voto. Alla prossima; sperando che non sia troppo presto (ma il rischio c’è).

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