Domande intelligenti

Me la ricordo ancora, io. La domanda tipo, da ragazzina, era: «Ce l’hai il fidanzato?», già mutata dopo i vent’anni in «Ma quando lo trovi un fidanzato?». Trovarlo, poi. Dove, come? Con un eco-scandaglio in fondo al mare? O nel bosco come i funghi? Possibilmente non velenoso, grazie. Dopo svariati anni, e l’estinzione dell’ultimo scommettitore, ecco arrivare il fantomatico fidanzato. Fine delle domande, pensi. Ma dalla pole position parte la domanda successiva: «Quando ti sposi?». Il tempo di memorizzare il di lui nome e cognome, suppongo.

E sia. Ci si sposa. I quesiti si fanno tendenziosi. Mentre la torta nuziale vaga ancora per l’esofago, quelli già chiosano giulivi: «A quando un bebè?». Oppure si esibiscono in veri lanci da kamikaze: «Auguri!», esclamano giubilanti, tra impavide e moleste carezze alla tua pancia.
Ehm, questa è ciccia: ho mangiato troppo durante il viaggio.
Quando la sospirata progenie arriva, non fanno neanche in tempo ad affacciarsi nella culla che già: «Quando gliela fai la compagnia, a ‘sto bimbo?».
Appena passo dalla fabbrica, guarda.
Sorridi, un recesso della tua mente ti rimanda le regole della buona creanza, ma speri che amnesia ti colga.
Ti andrebbe una lunga passeggiata nel parco dei cavoli tuoi?
Anche la coscienza prova a rabbonirti. «Dài, son quelle cose che la gente dice per dire» sussurra, senza crederci più manco lei. Ma parliamo del tempo e della crisi come fanno tutti, santiddìo! Che poi cosa sarebbero queste cose dette per dire? Cose taciute per tacere mai, eh? Basta! Ma che siamo, le Girardengo della procreazione? Le atlete del vivi e moltiplicati più in fretta che puoi? Di questo passo già me la vedo incalzare, la domanda delle domande, la spada di Damocle che più che pendere m’insegue proprio: «A quando i funerali?»
Domani. I tuoi.

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