Una storia attorno al focolare

Oreste, non potendo più contare su un fisico vigoroso a causa degli acciacchi dell’età, era costretto a elemosinare. Viveva in campagna e il paese più vicino era abitato da povera gente, per cui, ogni giorno, rimediava solo del pan secco dal suo girovagare.
Un cane meticcio di nome Freddy lo accompagnava dappertutto, e aspettava con pazienza che l’uomo riponesse il  tozzo di pan secco in un sacco di iuta, scambiasse qualche chiacchiera, per poi riavviarsi verso la cascina in cui vivevano. L’uomo e il cane erano inseparabili.
Una sera che Oreste aveva dimenticato di riporre il sacco nella credenza, Freddy non trovò di meglio che farci pipì intorno. Oreste fece quasi in tempo ad allontanarlo, purtroppo un lato del sacco si bagnò.
Pazientemente, il mattino dopo, l’uomo si sedette al tavolo e tirando fuori uno alla volta i pezzi di pane dal sacco, iniziò a dividerli in due mucchi. Li annusava, e se il pane gli sembrava pulito, lo metteva sul mucchio buono.
«Questo è buono e questo no, questo è buono e questo no» diceva tra sé e sé. Poi mise da parte il pane scartato.
Era inverno e faceva freddo, il vento tagliava il viso e nessuno avrebbe aperto per dar loro del pane, per cui Oreste riprese il mucchietto rovinato e ripeté la stessa operazione. Anche quella volta, ottenne due mucchietti più piccoli, e mangiò il pane che riteneva pulito. E così per altri due giorni.
Iniziò a nevicare e davanti all’ultimo mucchietto di pane si ritrovò a dire: «Questo è buono, questo è buono, questo è buono» senza scarti, e finì tutto il pane. Quindi si disse che gelo e non gelo, pioggia, vento o neve, era giunto il momento di tornare a cercare.

Vi lascio tre  morali per la  storia.

 

Morale A: pensare di avere delle alternative può metterci nelle condizioni di averne.
Morale B: a volte i bocconi avvelenati provengono da chi  amiamo di più.

Morale C: a un certo punto bisogna prendere la strada e rimettersi in viaggio.

Scegliete voi, morali alternative sono ammesse; è un racconto – d’altronde – non scienza.

 

 

Questa è una storia tratta da un racconto del mio bisnonno materno, grande affabulatore.  Ogni sera radunava i figli attorno al braciere e raccontava le storie che inventava o fatti realmente accaduti nel paese. Questo aneddoto sembra sia capitato davvero, i nomi sono di fantasia.

A mia nonna si illuminavano gli occhi al ricordo di quelle serate e in questo momento  si illuminano anche i miei nel ricordare la sua gioia.

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