Usare le mani

Ho sognato mio padre. Usava le mani. Smontava, aggiustava, ordinava. Cose cosi. Mai viste, mai fatte. Da lui, da suo padre, da me. Una famiglia di impiegati impediti senza mani e con poca testa.

Al servizio di idee di altri. Dipendenti dalle mani di altri.

Una volta mi vide che lavavo i piatti. Cominciò a farlo pure lui. Mentre insaponava e strofinava con metodo ossessivo, sbuffava come una perfetta casalinga.

Mi rendo conto che recitava mia madre. La sua indispensabilità. Lui che aveva sempre vissuto ritirato tra libri, film, le chiese di Roma.

Mi hai rubato l’affetto dei miei figli. Le disse un giorno. Le rimproverava l’onnipresenza, l’onnipotenza. Che stupido! Al contrario mia madre glielo stava donando. Per sempre.

Ieri ti ho portato i tulipani. Una mia amica ha detto che devo raccontarti le cose che succedono.

Ecco. Mamma si è rotta il femore. Ora sta ricominciando a camminare. È un po’ più fragile, ma ancora onnipresente. Se ci fossi, ora dovresti anche fare la spesa e cucinare. Dovresti usare le mani.

 

 

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