La solitudine del solitario

Dispone le carte sul tavolo. L’accuratezza nel ripetere gli intervalli tutti uguali lo predispone a pensare che questa sarà la volta giusta. Scopre la carta, la guarda e l’appende alle altre.

Il disegno si compone: la solitudine ha file e colonne.

Poi indugia con la carta a mezz’aria, sfrega indice e pollice e la carta solitaria cade nel vuoto.

Rimescola le carte, dopo averle raccolte, e le dispone nuovamente, mal dominando il fastidio, come se il suo posto nel mondo dipendesse da quell’ultima carta che non si lega a nessun’altra e sciupa il gioco.

Se ricontasse le carte, si accorgerebbe che ne manca una, ma sarebbe una delusione troppo grande scoprire di aver perso tempo. Ripetere il gioco con la speranza che il miracolo, prima o poi, avvenga.

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