Zia Banu e Serra Yılmaz in scena

Serra Yılmaz è Zia Banu. Non potrebbe essere nessun’altra della famiglia Kazancı. Serra e zia Banu si sono compenetrate una nell’altra, e forse non è casuale che la zia più magica della famiglia si confonda con la sua interprete a teatro.

Zia Banu ha due Jin sulle spalle, uno per parte, uno benigno e l’altro maligno. Lei conversa con loro e affronta la vita mediando tra i due, bilanciandosi tra i due orientamenti.

Zia Banu, o forse Serra Yılmaz, non so bene, non tralascia mai un gesto scaramantico. Se c’è la luna nuova, si osserva un oggetto d’oro e poi si sorride guardandosi negli occhi, se si affronta un nuovo lavoro si brucia il sale perché scacci i jin maligni, se un ospite parte si versa dell’acqua sull’uscio, che sia di buon auspicio affinché, come l’acqua, l’ospite torni a farci visita. A Zia Banu piace tanto il buon cibo. O forse a Serra, no no, sono certa è zia Banu, che sa come si prepara l’ashure, il cibo di Noè, e lo racconta:

«Per giorni e giorni continuarono a navigare, e c’era acqua ovunque. Presto il cibo cominciò a scarseggiare, non ce n’era più a sufficienza per mettere insieme un pasto. Allora Noè ordinò: “Portate ogni cosa che avete!”. E così fecero, animali e umani, insetti e uccelli, gente di fede diversa, portarono ciò che era rimasto loro. Cucinarono tutti gli ingredienti insieme, e così prepararono un gran calderone di ashure».

Ma il cibo buono è anche strumento di vendetta, lo sanno bene le donne. Al momento giusto il cibo può diventare la punizione definitiva per chi ha fatto loro del male.

Zia Banu prevede il futuro e conosce molto bene il passato. Conosce la storia della famiglia del poeta armeno Stamboulian, e sa cosa successe nel 1915 in Turchia, quando fu ucciso e sua figlia scappò in America, e sa cosa ne fu di una spilla a forma di melagrana, riapparsa molti anni dopo. Raccontare questa storia è straziante, per lei è una ferita che si riapre perché mai rimarginata.

E sul palcoscenico Serra Yılmaz questo dolore lo porta ogni sera, e lo porta nel cuore.

«Non va bene soffrire così se si recita», mi confida. «Durante le prove era troppo il mio coinvolgimento, mi bloccava. Fino a quando mi sono sganciata con un pianto liberatorio. Un attore deve avere il giusto distacco e solo allora raggiungerà il dominio della scena».

In scena Serra è una Banu perfetta, e noi piangiamo con lei durante il suo monologo, rabbrividendo al ricordo delle violenze, dei sopravvissuti e dei decenni di forzato silenzio per distruggere la memoria.

 

Lo spettacolo è in scena a Firenze fino al 15 marzo al Teatro di Rifredi, prima riduzione teatrale tratta da La Bastarda di Istanbul, romanzo di Elif Shafak.

Adattamento e regia di Angelo Savelli per una troupe di tutto rispetto: oltre a Serra Yılmaz, Valentina Chico, Riccardo Naldini, Marcella Ermini, Fiorella Sciarretta, Monica Bauco, Elisa Vitiello, Diletta Oculisti.

 

 

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