Non c’è quasi mai un’ora
più precisa dell’altra,
il tempo del mondo e la vita
molto spesso non vanno d’accordo,
sono come quei fili di luce
che lascia passare l’inverno,
ogni tanto,
e dal vetro al soffitto a tutta la stanza
ti accorgi
di quanto infinito raccoglie
la cristallina speranza
di un solo momento.
Allora si fa larga la strada,
e mi metto a contare,
il tempo si mette con garbo
da parte,
chiede permesso,
si fa piatto sul muro.
A mia insaputa
faccio un bilancio.
Sono i capelli che ho in testa,
sono le ore di luce ogni giorno
che conto
sommandole al buio.
Penso ai sorrisi mancati.
A mia madre,
al suo amore bianco e sparuto
degli ultimi tempi,
di quando con una dolcezza infinita
moriva alla vita.
Penso a te
che voglio vicino ogni giorno,
ogni giorno annusare
per meglio scoprire,
e toccarti, con le mani e col naso,
come si fa con la vita.
Su questa fragilissima luce
mio malgrado ho imparato,
a tenermi annodati questi fili
di dentro,
come ciuffetti di campo.
Il mio azzurro mazzetto
solitario di vita.