Ol’ga Sedakova

 Ol’ga Sedakova

Dall’ombra guarda d’ogni cosa,

come acqua dal pozzo profondo

o dietro una stella, la nonna:

 

-Noi niente di niente sappiamo,

né quel vedemmo ridire…

Andiamo mendiche tu ed io,

e se non daranno, ringrazia.

 

Degli altri noi nulla sappiamo.

 

 

 

da Solo nel fuoco si semina il fuoco, Edizioni Qiqajon, 2008, a cura di Adalberto Mainardi.

 

Nelle poesie di Ol’ga Sedakova si avverte il mirabile difetto che la parola poetica assume rispetto alla parola generica, quel difetto è la mancanza di mediocrità, l’assenza dell’ovvia certezza, la carenza di indifferenza, l’insufficienza verso la semplice espressione. La sua è una poesia dello sguardo e del cammino, un cammino tra molte presenze con le quali dialoga e comunica, un andare lungo una strada spesso tortuosa, talvolta dantesca, “E’ l’ora di andare là dove / ogni cosa è di compassione”.  Non è solo cammino, nella sua poesia, non vi sono solo occhi per vedere il mondo le cose le persone, non solo orecchi per ascoltare, ma vi si trova pure il centro della vita, il cuore della vita. In russo “cuore” (serdce) e “centro, metà” (seredina) hanno la stessa radice, Sedakova cammina attorno al cuore, attorno al centro della vita, cammina in ciò che è vivo e vitale. In questo la sua poesia non ha più connotati di vicinanza o lontananza ma tutto si trova in uno spazio pulsante, vivo, reale, in uno spazio che è tutto in un centro, in un cuore allargato. La proprietà transitiva della sua poesia è la salvezza: l’arte e la poesia sono frequentemente per molti autori e artisti una salvezza, <Solo in una prigione come l’Unione sovietica si poteva amare Dante e Omero nel modo in cui li amavamo: come la nostra personale salvezza> e Sedakova oggi rappresenta a sua volta una salvezza dalla medietà.

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