«Giacchè, caro Fedro ─ scriveva Platone ─ la scrittura, in ciò somiglia davvero alla pittura, presenta questo difetto: che i prodotti della pittura ci stanno dinanzi come esseri viventi, ma se li interroghi serbano un dignitoso silenzio».
Oggi a starci davanti come esseri viventi sono le immagini digitali che condividiamo sempre più sui social network.
Ma anche le “lettere di piombo di Gutenberg”, come le chiamava V. Hugo, sono diventate virtuali e questa trasformazione ha prodotto significativi cambiamenti nella scrittura.
L’intangibilità del corpo del testo, a cui ci aveva abituato il libro stampato, nel web vacilla, perché chiunque può copiare, modificare gli scritti altrui e ripubblicarli come propri: ne sanno qualcosa gli insegnanti alle prese con tesi e tesine assemblate in poche ore dagli studenti.
I lemmi, che quotidianamente consultiamo su wikipedia, sono anonimi e in continua trasformazione, perché frutto del lavoro di tante persone che regolarmente li aggiornano; le news, che leggiamo su internet, si accompagnano spesso ai commenti dei lettori che talvolta ne modificano il senso.
In certe conversazioni sui social, la scrittura si alterna di continuo alle immagini, perché queste veicolano informazioni in modo più veloce e suggestivo delle parole, tanto che le emoticon e le fotografie sono diventate gli elementi più condivisi .
Oggi, poi, se proviamo a interrogare sul nostro pc le parole e le immagini, queste ci possono rispondere, basta cliccare su Skype e chiedere spiegazioni al nostro amico virtuale che le ha pubblicate. Immagini, scrittura, musica, parole e voci mai si sono combinate in modo così stupefacente.