Ogni cambio di stagione una disperazione

Non mangiare quella mela

 

Mi tocca. Eh sì, due volte all’anno mi tocca.

Tiro tutto fuori dall’armadio e passo in rassegna, come nemmeno il Presidente della Repubblica con l’Arma.

Il tubino nero lo metto ancora, magari in una seratina mondana mi sento in vena e furoreggio.

Quest’altro di seta a fiori rossi e gialli non mi sta più però lo tengo, tanto adesso mi metto d’impegno e dimagrisco, vero?

L’armadio trabocca. Tutto rimane lì, stratificato e ammucchiato nell’universo di una vita colorata. Quanta voglia di cambiare nasce tra le pieghe dell’armadio di una donna! Eppure la sua vera essenza è altrove.

Uh, guarda! La gonna a portafoglio di lino bianco che mi ha portato a Venezia. Mi ci faccio portare ancora dài, anche se tutte le volte ce lo lascio lì io, il portafoglio.

E questo? È ancora splendido, come il giorno in cui me l’ha donato. Mi ricorda quel giorno in cui lui, lei, noi…e poi…Come posso darlo via? Mai, nemmeno con una pistola puntata alla tempia.

Sposto, riorganizzo, disloco. Su dalla scala per portare indumenti, giù dalla scala per portarne altri, praticamente una ginnastica. Che stanchezza! Almeno i soldi della palestra questo mese sono risparmiati. Bene, così potrò comprarmi qualcosa in georgette di seta e le camicie con le rouches che quest’anno vanno tanto di moda.

Faccio altro spazio. Da sopra a sotto da sotto a sopra. E la mia testa è sottosopra.

Oh, Eva, la tua nudità era il vero Paradiso e il tuo è stato l’unico che abbia vestito una donna. Lo sai, vero, a quale punizione hai condannato tutte noi con il cambio di stagione?

 

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