Pioggia.
Copiosa, argentina, sincopata riempie lo spazio tra l’asfalto e il cielo basso di nubi nere,
limita lo sguardo, allaga le strade; trascina in rigagnoli sporchi le promesse della primavera, se le porta via.
È un sincrono perfetto, il tempo con la mia anima.
Bui ed orfani d’azzurro entrambi, in questo aprile bifronte che mi ha baciato e poi sputato.
Si sale al cielo e ci si schianta al suolo in pochi istanti.
Succede.
Dicono che passerà, che è così: il respiro che si addensa in rantoli nella gola, le notti ostili, i vestiti scomposti dall’abbandono di me.
Tutto normale.
Cosa vuoi che sia?
Resto ad ascoltare in silenzio la pioggia, a guardare le raffiche diagonali che frustano l’aria al di là dei vetri.
Di altro non m’importa, adesso.
La primavera è stata un lampo, un’illusione; ora è tempo di tornare a dormire.
Ricordi impigliati tra i capelli come insetti, e dietro al sorriso il segno dei morsi.