Poche ore dopo l’atterraggio di Samantha Cristoforetti, un’amica ha pubblicato su Facebook una foto dell’astronauta, provata dalla gravità ma raggiante e sorridente come sempre.
La didascalia recitava: «ecco Samantha che se la ride delle vostre cavolate».
Già aveva detto tutto.
Da giorni Cristoforetti era infatti oggetto dei più improbabili tiramenti di giacchetta, o di tuta spaziale, da parte dei frequentatori dei social network e dei media digitali e cartacei, impegnati a istruirla su come si sarebbe dovuta comportare a terra.
Un’attenzione un tempo riservata al buon selvaggio riemerso dalla foresta tropicale all’interesse divertito della civiltà vittoriana.
Chi ha stilato per lei, con paternalistica generosità, un decalogo per districarsi nei trabocchetti mediatici: pensando di rivolgersi a una ingenua liceale, non a un capitano dell’aeronautica militare con due lauree in ingegneria, cinque lingue parlate correntemente e migliaia di ore sui caccia all’attivo.
Chi ha messo in dubbio l’utilità scientifica del suo lavoro (sottinteso: “coi nostri soldi!”) mentre sarebbe bastato informarsene online: considerando che i dubbi avanzati avevano lo stesso senso del chiedere a Sir Hillary e allo sherpa Norgay quale utilità scientifica avesse la conquista dell’Everest.
Alcuni hanno sostenuto che la nostra avrebbe dovuto far figli, invece, che essere madre è ben altro che gironzolare nello spazio, un paragone a dir poco illogico.
Ma il meglio è stato quando si sono levati stigmi contro “la retorica” di chi celebrava e festeggiava, con simpatia ed entusiasmo, l’impresa della nostra connazionale.
Forse che gli operai al ritorno da una piattaforma petrolifera sarebbero stati meno meritevoli di lei?
Basta con questa melassa! Che sarà mai passare 200 giorni nello spazio dopo essere stata selezionata tra 8500 scienziati aspiranti astronauti? Non se ne poteva proprio più, signora mia!
Può essere che i sobri censori abbiano ragione.
Magari no. Magari stiamo confondendo retorica con senso profondo, invece.
Anche i sogni a buon mercato sulla terra possono celare universi, possono servire alle persone, come e più di un esperimento scientifico.
Come per i sudditi di una delle più oscure dittature della storia, la DDR, che si consolavano dalla plumbea realtà della vita quotidiana nelle imprese e nei sogni dei loro “cosmonauti”, lontani da ogni confine e reticolato, da ogni muro.
Come per il grande scrittore Vasilij Grossman, che celebrò il sacrificio della cagnetta Laika in un racconto di rara dolcezza e malinconia struggente. Retorica. Melassa italiana. Chi lo sa?
Samantha, intanto, dall’alto dei suoi astri anche quaggiù, continua a sorridere a noi che stiamo più in basso di lei, con magnanimità.