Sono femmina, come un’orsa, come una leonessa. Come una gatta. Miao. Come una alligatrice. Zac.
Come una leonessa, un’orsa, una gatta ho partorito cuccioli, li ho allattati e coccolati. Diversamente dalla leonessa, continuerò ad amarli per sempre. Né avrei mai permesso, a un nuovo maschio nella tribù, di ammazzarmeli sotto il naso per far posto alla sua discendenza futura. Diversamente dall’orsa, non ho abbandonato i miei piccoli appena sono stati un poco capaci di arrangiarsi. Diversamente dalla gatta, non li ho nutriti a topolini.
Ho messo al mondo i tre figli con ebbrezza e stravedo per loro. Essere nonna di nove nipoti poi è grandioso. Ma qui dico che la mente e la coscienza sono molto più potenti che partorire e allattare, molto più significativi degli ormoni. Molto più importanti che non avere la barba. La mente nel suo terrore crea infiniti, solleva la bellezza, sfida dio.
Quindi l’essere vivente cui somiglio di più non è una leonessa, è un uomo. Come un uomo non ho coda né criniera, e difficilmente mi accade di essere fucilata da bracconieri durante safari in Africa. Come un uomo sono bipede, ho pollice opponibile, parlo, so leggere e scrivere ─ per fortuna che l’Isis non me l’ha impedito. Come un uomo sono cosciente, cosciente di essere cosciente, cosciente che morirò. L’ultimo punto è basilare. È l’abisso della condizione umana.
So anche fare fotografie, guidare la macchina, scrivere sul web. So anche mettermi le dita nel naso. Le foche non possono.
Eppure conosco molti uomini, colti, cortesi e affabili, che spesso palesano, con misogina affabilità e cortesia, l’intima convinzione che io non sia precisamente un essere umano, che io, come donna, sia qualcosa di più naturale, più intenso e spontaneo, istintivo, animalesco dei veri esseri umani. O anche divino, che è lo stesso. Uffa.
Ma non solo uomini ci trovano diverse. Conosco anche donne, colte e sapienti, che, con loro sapienza e cultura, fanno della differenza sessuale un’alta filosofia femminista cui affidare il senso del vivere. Ipostatizzano. Come se noi, per l’esser femmine, fossimo fatte di materia migliore, più metafisica e spirituale di quella che costituisce i corpi dei maschi della specie. Non è vero: fatta salva l’influenza di testosterone ed estrogeni sui comportamenti rispettivi, possiamo essere buone o cattive, stupide o geniali, spesso acide. Possiamo odiarci fra noi e disprezzarci, mica siamo sorelle? Possiamo mentire, bramare il potere, uccidere. Come gli uomini. Essere stronze come un uomo stronzo.
Ci unifica un solo fatto: essere disprezzate, odiate perché donne.
L’ immensa cultura misogina che attraversa il pianeta.
«La donna è meglio, la donna è meno, la donna è più, la donna è qui, la donna è là, la donna è giù, la donna è su, la donna è divina, la donna è un angelo, la donna è una bestia», che palle, la Donna non esiste. Non esiste neanche l’Uomo. Siamo solo tanti uomini e tante donne diversi/e.
No, non sto facendo propaganda alla teoria del gender.
Dopo un’altra donna, l’essere vivente cui somiglio di più non è una leonessa, è un uomo. Purtroppo.