No, non abbiamo sbagliato titolo. Dopo la vacanza danese e una settimana di riscaldamento, punteggiata dai lampi dei cronoman e dei velocisti, la corsa rosa comincia per davvero con questo primo impegnativo arrivo in salita.
Si parte da Sulmona, città dei confetti, gioiello d’arte sottovalutato e luogo d’ascesi di Celestino V, e si arriva (dopo 229 km) a Lago Laceno, antico rifugio di briganti, oasi della Salamandra pezzata e punto più meridionale di tutto il percorso del Giro. Cosa incredibile se pensate che si trova poco più a sud di Napoli. Dall’antica Sulmo, patria di Ovidio (è gemellata con Costanza, la città rumena dove il poeta morì), si sale subito verso il Piano delle Cinquemiglia, a 1250 metri d’altitudine. Disabitato e spoglio, l’altipiano ha una fama losca e tenebrosa: le diligenze lo percorrevano di gran carriera per evitare gli assalti dei briganti, mentre le nevicate invernali lo trasformavano in una trappola per gli uomini di passaggio. Nell’inverno del 1528 vi morirono 300 mercenari di Venezia e in quello successivo 500 uomini del principe d’Orange. Da lì, con un percorso tormentato e insidioso che può davvero fare la corsa, si scende al Valico di Macerone, si raggiunge Isernia e si prosegue tra salite e discese fino a San Giorgio del Sannio. Prima però si tocca Benevento, città antichissima, preindoeuropea, dove i Romani patirono la forza dei Sanniti. Ma città anche del torrone, di cui già parla Marziale (chiamandolo cupedia) e, soprattutto, città delle streghe. Che questa tradizione risalga ai riti pagani dei longobardi poco ci importa, ciò che interessa ai girini è il filtro delle streghe, l’unguento che si spalmavano addosso e le faceva volare verso il sabba: perché da qui in poi la strada si inerpica e saper volare non sarebbe male. Si sale quindi verso Monte Marano, si scende e di nuovo si risale a Colle Molella, a 1087 metri d’altezza. Da lì al traguardo la strada è tutta piatta, ma ormai mancano pochissimi chilometri all’arrivo. Le acque del lago riflettono le maglie colorate dei ciclisti. Le cime del Monte Cervialto, del Rajamagra, del Cervarolo assistono immobili al rito. Immobili ma non impassibili. Qui il Giro arrivò già nel 1998: vinse Zulle, ma sulla salita che portava verso il lago ci pensò Marco Pantani a fare lo spettacolo, prima delle fiammate di Piancavallo e di Montecampione che lo portarono in rosa fino a Milano, nell’anno della sua doppietta Giro-Tour. Quel giorno perfino le montagne si inchinarono agli scatti del pirata, che sembrava aver trovato per davvero la formula dell’olio delle streghe. Fu lì che Marco prese a scrivere il suo mito, fu lì che il mito si impossessò di lui. Marco che ci manca ormai da otto anni. Marco che non potremo mai dimenticare.