Avevo 15 anni quando sentii Space Oddity per la prima volta. Una folgorazione, un incanto. Fui all’improvviso nello spazio con l’astronauta sfortunato e il cuore mi si strinse fino a farmi mancare il fiato.
Il lancio era avvenuto, Major Tom aveva messo il casco, preso le pillole ma il le stelle erano diverse quel giorno. Major Tom ora doveva lasciare la capsula
“This is Major Tom to Ground Control
I’m stepping through the door
And I’m floating in the most peculiar way
And the stars look very different today”
Solo, nell’universo, nel totale silenzio.
Ground Control lancia l’allerta: “Your circuit’s dead, there’s something wrong.”
Uno sguardo verso la terra.
“Planet Earth is blue
And there’s nothing I can do.
Tell my wife I love her very much, she knows”
Ground Control chiamava e chiamava: “Can you hear me Major Tom?”
Ma lui era imprigionato nella navicella, solo, nel buio meraviglioso dell’universo, senza possibilità di salvezza.
Am I sitting in a tin can? Seduto in una scatoletta, lo vedevo, stavo male con lui e avevo un groppo alla gola e gridavo con la voce della mia mente “Tom resisti, ti sentiamo!”
Ma il senso di solitudine dell’uomo sperduto nello spazio era più forte di tutto, c’erano poi la chitarra e il sax a sottolineare la tragedia. Profetica.
Avevo 15 anni, David ne aveva 22. L’uomo era appena sbarcato sulla luna e io, che avevo così paura dello spazio, molti anni dopo sarei diventata la madre di un astrofisico, studioso delle galassie.
David Bowie non c’è più, ma il fascino di questa canzone non morirà mai