Gianmaria Testa ferroviere poeta

 

Lasciami andare, Gianmaria Testa, ferroviere poeta.

O forse no. Fammi restare ancora un poco qui, in silenzio, a fissare il muro, a trovare parole che non siano di circostanza.

Ho poca dimestichezza con l’amore, e, quella poca che ho, l’ho trovata nella tasca di un mattino qualunque, guardandomi allo specchio, e scoprendo che il tempo che passa lascia segni indelebili nel volto, nel corpo, ma soprattutto nell’anima.

E allora bisogna che lo si canti, questo tempo triste di addii, di ricordi che si stemperano nei rimpianti, ma anche di esperienze di vita importanti. Fammi restar qui, a chilometri di distanza, mentre tutta Alba si stringe attorno alla memoria di te, mentre sulla rete restano impigliati i segni di te, le tue parole diventate canzoni, i video e le interviste, quelle di quando stavi bene, quelle di quando stavi male.

E tutti legati insieme, dal filo rosso della dignità e del coraggio. Il coraggio, che ti ha spinto a comporre canzoni seguendo le tracce dei maestri, noncurante del fatto che il più fosse già stato scritto, che il meglio non dovesse più venire.

La dignità, intrecciata all’umiltà, che ha modellato la tua esistenza di ferroviere poeta, fino all’ultimo salto, all’addio ai treni, alla dedizione totale alla poesia.

Anzi. L’ultimo salto è stato quello nella malattia. Vissuta e mai subita, con fiducia e discrezione, tenacia e riservatezza. Un ritorno alla tua terra, con lo spirito indomito dei migranti, di cui hai cantato strazi e sogni, con sensibilità e empatia, senza pietismi, ma con accenti densi di pietà.

Una sera, dopo anni di mancati incroci, riuscimmo ad assistere a un tuo concerto. E capitammo in un auditorium ticinese, perfetto per la tua idea di musica, raccolto, silenzioso e propizio alla meditazione.

Fuori, un tempo da lupi, nonostante fosse maggio. Ma dentro, ah, dentro, misura, ironia, intelligenza, e musica, di quelle belle, che scaldano il cuore e rianimano il pensiero.

Due ore di viaggio sul treno della tua vita musicale, dalle intime vibrazioni degli affetti, alla quieta indignazione, mai doma, per le ingiustizie contemporanee, tutte rac…cantate con autentica partecipazione civile.

Avremmo voluto salutarti, dopo; stringerti la mano, ringraziarti, per averci fatto sentire parte di un viaggio un po’ migliore, sul treno della tua vita. Ma noi, timidi cronici, più tu, schivo di natura, ci limitammo a scrutarci da lontano. Stretta di mano solo rimandata, Gianmaria Testa. Solo rimandata.

Intanto, fammi restare qui, ancora un poco, a pensarti e ringraziarti. Da qui, posso seguire la traiettoria del tuo treno, che si stacca da terra, per divenire mongolfiera.

 

 

 

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