Qui le scosse continuano. Stamattina si è mosso un altro fronte, verso Ravenna, e lampadari e armadi hanno mandato anche qui le loro vibrazioni anomale, angoscianti.
Durante la scossa del 29 maggio, mentre, con in mano il bicchiere di integratori che non ero riuscita a posare, guardavo la mia casa flettersi, ero insolitamente calma, con pulsazioni al di sotto della media, come forse si può essere solo davanti all’ineluttabile e al miracolo (la salvezza raggiunta, dopo fatali, terribili 30 secondi).
Il mio cuore, invece, ha battuto all’impazzata per ogni colpo di Sara Errani nei quarti di finale del Roland Garros. Stavo in piedi e pensavo solo a dritti, rovesci, servizi, rimbalzi di pallina. Non me ne vergogno. La vita è un oscuro pulsare nervoso colpo su colpo e momento per momento. Una partita di tennis è quanto ci sia di più vicino alla vita.
Non lo dice solo Woody Allen in Match Point, ogni partita è determinazione, abilità, caso e tachicardia, gioco di nervi sublime e martoriante, orgasmo.
Sara. Nata a Bologna, nata proprio qui, si chiama come il governatore Vasco, ma è ben più cara al mio simbolico di qualsiasi rappresentanza istituzionale.
Nei terremoti una parte di noi regredisce a qualcosa di primordiale. Un pensiero mai sopito dai Lumi delle spiegazioni tecniche riemerge. Ed è forse la parte più bella, da vivere fino in fondo, quella di un crollo non solo negativo, un crollo delle difese direbbe forse qualche psicoanalista, un lasciarsi andare tanto imponderabile quanto ricco di energia.
Non faccio il tifo per Sara Errani in quanto simbolo dell’Emilia e della sua determinazione, lascio volentieri alle retoriche pagine del “Carlino” queste considerazioni fintamente emotive, ma in realtà vacue, come tutte le epiche che non partono dal cuore – e diciamolo: anche dai genitali.
Faccio il tifo tachicardico per Sara perché è giovane, forte, bella, internazionale, vincente ed è il miglior genius loci che Bologna potesse avere in questo momento: una ragazza che vive nel mondo, che ha lavorato sodo, ha girato e ha imparato a liberarsi dal “braccio corto” che affligge ancora molte italiane. L’errante Errani è consapevole di sé e della propria potenza.
Fra i subbugli della natura appare una ninfa, che dona una diversa dimensione e una tranquillità non rassegnata, un battito vitale.
Vinca o non vinca il Roland Garros, sia o non sia osannata dai tristi media italiani, sono le immagini della sua gioia liberatoria le uniche che mi resteranno dentro. Venere congiunta al Sole.