La tavola è sparecchiata per metà.
A casa ci torna che gli altri hanno finito di pranzare.
Dove sei stato? Gli chiede sua madre, mentre tira fuori la scodella dal microonde. Lui non risponde e sbuffa. Vanga nel piatto, un po’ alla cieca perché il vapore gli appanna gli occhiali.
Non ho fame, dice.
Va a buttarsi sul letto, posa gli occhiali sul comodino, poi brancola fino allo specchio del bagno.
Quando esci? Che ci fai chiuso là dentro?
Si sforza di non sentirla, sua madre, che bussa alla porta. Vede la punta del naso e intorno al naso una macchia informe: così gli sembra di essersi cancellato, finalmente.
Come sto senza occhiali? Chiede allo specchio.
Strizza gli occhi. Sorride. Neanche il suo sorriso riesce a vedere. Gli basta di sapere che per ora Moschito non c’è più, quello che per tornare a casa da scuola deve farsi tutto un giro, quello con gli occhiali che sono come due parabrezza, quello che, se i compagni lo acchiappano, prima o poi gli occhiali glieli scassano.