Ultimo Tango ha 44 anni. Proviamo a parlarne un po’, per vedere se li dimostra tutti o se il tempo ha lavorato per lui, come in genere fa nel caso dei capolavori.
Bernardo Bertolucci, autore, sceneggiatore e regista del film, ha dichiarato che la storia è nata da una sua fantasia sessuale: l’incontro di due sconosciuti per le strade di una grande città che diventa, come scintilla caduta su un fascio di rami secchi, causa di un incendio emotivo imprevedibile e inarrestabile.
La scelta degli attori fu vera folgorazione. Maturo ma fascinosissimo Marlon Brando, mai così sexy dai tempi della canotta di “Un tram chiamato desiderio”, interprete senza rivali dello zeitgeist l’esordiente Maria Schneider, così icona del suo tempo da restare prigioniera di un personaggio fin troppo memorabile. Diversi e conturbanti al punto di risultare decisivi, per il cocktail vincente.
Brando ci sogguarda ironico dal manifesto, sicuro di sé e quasi tronfio. Sembra ripensare alla bravata commessa sul set, dove Maria dichiarò molti anni dopo essersi svolta una vera, subdola violenza ai suoi danni. In secondo piano i due intrecciano le gambe, all’apparenza nudi e rilassati nel famoso appartamento di Passy.
E’ inutile però negare che il biglietto d’ingresso di questo film nel santuario del cinema sia stato rilasciato dall’ inedita, violenta scabrosità di alcune scene, prima fra tutte proprio quella, celeberrima, della sodomia.
Peccato, perché la potenza espressiva dell’opera di Bertolucci va ben oltre la pruderie del tempo, capace di relegare nella memoria comune una pellicola di così rara finezza, pervasa da un sublime e perturbante senso di morte, con la deprimente sintesi di “film del burro”. Nonché di vellicare gli istinti del solito magistrato censore, sequestratore e solutore finale mediante rogo, tutto per la salvaguardia delle anime nostre sante e benedette.
E qui veniamo al dunque. Si sussurrò, all’epoca dell’altolà riparatore, che a turbare la vigile sensibilità degli addetti alla morale pubblica non fu tanto la scandalosa variante sessuale, per la prima volta disvelata coram populo, ma la filastrocca dissacratoria che Brando costringe la malcapitata Maria a recitare nell’imbarazzante frangente. Un’invettiva, più eretica che erotica, puntata come un kalashnikhov contro la sacra istituzione della famiglia cristiana, che non poteva passarla liscia nell’Italia degli anni settanta.
La quale, ricordiamolo, come massima espressione di anarchica ribellione d’antàn poteva invitare i governanti a mettere i fiori nei propri cannoni, mentre il sessantotto forgiava, su barricate durate l’espace d’un matin, la futura classe dirigente borghese.