I giornalisti più acuti del web, crogiolo del meglio e del peggio a disposizione nel campo dell’informazione pubblica, si interrogano sull’entità dei danni che il “giornalismo di destra” oggi più in voga stia, da anni, arrecando alla destra stessa; intesa come storica corrente di pensiero.
L’occasione è naturalmente il “Mein Kampf”, summa del pensiero hitleriano vergata direttamente dal dittatore tedesco e pubblicata nel ’25, offerta gratis et amore ai propri lettori da “Il Giornale”, sbarazzino quotidiano della destra in grave crisi di vendite. Un’operazione definita indecente, a mio avviso con ragione.
Non illegale, non da impedire. Indecente però sì.
Ritengo che non bisogna aver paura di leggere, di documentarsi su tutto senza eccezioni. La società davvero libera è quella che ha raggiunto un livello di maturità democratica tale da non temere di essere influenzata neanche dai testi più deliranti, del passato e del presente.
Il che richiede anche l’attivazione di un fattore imprescindibile: la risorsa morale. Già, un termine che suona quasi obsoleto alle nostre orecchie abituate a ragionare in termini di mercato, di domanda e offerta. Chissenefrega della morale, in fondo. Chissenefrega dei sei milioni di ebrei sterminati dai nazisti e dei sessanta milioni di morti durante la seconda guerra mondiale. L’importante è vendere qualche centinaio di copie in più del quotidiano che fu di Indro Montanelli, Enzo Bettiza e Gianfranco Piazzesi.
Ora i loro eredi, che non cito per carità di patria, ci regalano i pensieri che ispirarono Adolf Hitler per combattere una battaglia (kampf) i cui risultati furono quelli sopra descritti.
I segnali dell’ imbarbarimento si leggono chiaramente a destra come a sinistra, sia chiaro, a dimostrazione del fatto che la discussione sulle responsabilità dei media non possa prescindere dall’analisi di quelle individuali dei fruitori, ben più articolate e difficili da dipanare. Temo però che le conclusioni porterebbero proprio dalle parti del successo, a suo tempo, del “Mein Kampf”
Personalmente mi schiero coi fuori moda, la mia battaglia è e resta in difesa della dignità umana e professionale. Finché posso insomma, mi piace sentire, dentro di me, almeno gli echi della legge morale. E vedere, sopra di me, un cielo stellato.