Anna Cascella in una foto di Dino Ignani

Anna Cascella Luciani e la poesia del quotidiano

Non usare poi
cucchiai di tenerezze
marmellate dolci
di pesche marine
a rassicurarmi
sull’impossibile
ho voglia
di un gelato
assoluto
gustare
e sino in fondo
un solo sapore.
Non ho più voglia
di mutare in scrittura
gli incontri

Anna Cascella Luciani letta da Anna Toscano

 

 

Anna Cascella Luciani registra il quotidiano in versi spesso brevi, talvolta meno brevi, registrazione visiva, uditiva, tattile, della giornata. Sono versi che sciorinano seccamente una cadenza di vita, quasi un metronomo fatto con un elenco di fatti visti, sentiti, toccati, assaporati, uno srotolamento del quotidiano. Il balzo che li rende poesia, l’ago che tiene il filo di una quatta ironia, è spesso la chiusa: un punto croce astuto che paradossalmente chiudendo spalanca il significato. C’è un tempo presente nei versi, un mese o una ora, cadenzato dal sonno, spesso visitato da sogni, “di pomeriggio dormo / e se non dormo sogno / e se non sogno mormoro – / mormoro un sogno / che mi riposa da sonno […]”; c’è anche un tempo atmosferico, la nebbia, la pioggia, il vento, e un caldo pesante che fa sudare alla cornetta di una cabina del telefono sotto il sole. E c’è un tu talvolta indistinto, reso sapientemente vago dall’imperativo negativo “Non usare poi”, un invito fermo a evitare tenerezze rassicuranti, dolcezze inebrianti a cucchiai, per volgersi a qualcosa di unico, “un solo sapore”. La dicotomia, quasi un ultimatum, tra ciò di cui “ho voglia” e ciò di cui “non ho più voglia”, dove la volontà si restringe su qualcosa di preciso, dove la porta da aprire sia una sola e conduca a ciò di cui “ho voglia”, tutte le altre portano a marionette da intreccio, materiale narrativo, costruzioni “sull’impossibile”.

 

Anna Cascella Luciani, tutte le poesie 1973-2009, Gaffi, Roma, 2011

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