Se mi dici a freddo le due lettere M e J, inutile, non c’è scampo, io penso a Mick Jagger. Ma se quelle iniziali però diventano un nome, EmJay e mi aggiungi la parola fiaba, io penso sì a lui, a Michael Jackson, anzi accenno anche un passo di danza.
“La vera Fiaba di Emjay”, è tutta racchiusa nell’ossimoro del titolo.
Si narra del folletto Emjay che cantava come un usignolo e danzava come una farfalla. Un re venuto da un pianeta che non può che chiamarsi Pop.
Questa fiaba è un giro per i mondi della musica e dell’arte, in compagnia di grandi artisti che ci hanno lasciato troppo presto, tra pianeti chiamati Pop, Rock e Terra, l’unico dove la musica è una professione.
A “condurre” il folletto Emjay è Massimo Bonelli, discografico per 35 anni, che con un linguaggio semplice, descrive un artista con il quale ha avuto occasione di lavorare per la promozione dei suoi dischi o durante i suoi tour.
Ci racconta della suo essere educato e schivo, timido e sensibile, ma profondamente geniale.
“Eppure sì, credo di essere solo. Non lo sono quando lavoro, quando produco. In quei momenti mi sono tutti intorno, intorno alla loro magica slot machine. Ma poi, quando non resta altro che osservare le stelle di notte, beh, mi trovo a guardarle da solo. In silenzio e da solo. Vorrei essere libero di raccontare che io arrivo da lì, da quelle stelle. Vorrei, quando c’è l’arcobaleno, poter dire che è anche merito mio se si possono vedere tutti quei colori”.
Massimo Bonelli – “La vera fiaba di EmJay” – Illustrazioni di Gianna Amendola – Editore Lupetti