Giulia

Palermo, 1963. Era azzurra, il mio colore preferito. Certo, non era stata scelta per questo. Due ne erano arrivate, l’altra era nera, seria, non adatta al clima e ai passeggeri. Eravamo in cinque e mio padre con la passione per le macchine veloci. Guida sportiva, un ritornello per la scelta. Alfa Romeo, una garanzia per la grinta. Come ogni volta papà arrivò sotto casa. Scendemmo a conoscerla. Quadrata, compatta, non quelle “belle linee filanti fatte per la velocità”. Io fui delusa.
Mi sembrò piccola. Papà si mise a ridere: “Vedrai!”
Lo scudetto col biscione era una promessa di corse e frenate all’ultimo metro, proprio come piaceva a lui. Tutti su! I sedili in tessuto comodi, l’odore di nuovo dentro, il cruscotto lucidissimo. Giù i finestrini e via verso Mondello sul rettilineo di Viale Libertà. Papà contento. Il gomito fuori. La manica della camicia bianca che si gonfiava al vento. Mamma aggrappata al sedile, come al solito.
Noi tre dietro. Il piccolo in braccio a me. La sorella già livida per una eventuale nausea.
Arrivammo fino all’Isola delle Femmine: è difficile da fermare, la passione. Tornammo tardi. Il piccolo dormiva. I grandi discutevano. Mia sorella aveva fame. Io ero soddisfatta. Bella la macchina nuova!
Giulia, il nome. 1300 Super, per forza.

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