Quando Maria Denis -la bellissima regina del cinema dei ‘telefoni bianchi’- morì nel 2004 mia madre Fulvia, che delle sue attività clandestine durante la occupazione tedesca di Roma non parlava quasi mai, rimase toccata: e come se la memoria le riproponesse il tratto di un film già visto mi rivelò che a più riprese fu incaricata di pedinare la diva, sottoposta ad un rigido controllo di movimenti nella primavera del 1944 quando, per soccorrere Luchino Visconti, arrestato da Pietro Koch, si era lasciata andare un po’ troppo al corteggiamento del capobanda al servizio della Gestapo…
Mi disse che la ricordava salire la collina dei Monti Parioli, dopo avere attraversato il Viale dei Martiri Fascisti (oggi Viale Bruno Buozzi) con mia madre dietro in incognita che segnava date di entrata e uscita a modo di riscontro di cui rendeva successivamente conto al comando della resistenza clandestina.
Mia madre in quel frangente mi parve sinceramente portata a ritenere autentica e sincera la disposizione di Maria Denis, volta a soccorrere come poteva Luchino Visconti, cui allora dava la caccia anche la Gestapo, che a un certo punto venne da Pietro Koch deferito ad un carcere per detenuti ‘di riguardo’ accettando per buono il falso nome con il quale il regista si mascherava (Alfredo Guidi).
I sospetti sulla Denis tuttavia non caddero poiché forti erano gli indizi che l’attrice avesse più che accettato la corte di Pietro Koch, tanto che su di lei continuò a pesare un fumo che a guerra finita la condusse ad un processo per collaborazionismo dal quale uscì fortunatamente anche grazie all’ intervento di Luchino, che le procurò un avvocato di fiducia e venne scagionata.
Negli anni Novanta, Maria Denis raccontò in un libro di memorie (“Il gioco della verità. Una diva nella Roma del ’43”) questo episodio drammatico della sua vita e dei suoi ripetuti incontri con Koch, il quale, disse, era un suo fervente ammiratore e la ascoltò quando lei scongiurò di non consegnare Visconti alla Gestapo.
Anche per questo la bella attrice si rammaricava della ‘ingratitudine’ mostrata da Visconti in seguito, che prese le distanze da lei e non la volle più frequentare: lo stesso aiuto fornitole con l’avvocato di fiducia venne da lei interpretato nel libro come un modo formale di ‘liquidarla’ perché non emergesse fino a qual punto il suo intervento fosse stato efficace. .Non so fino a che punto la Denis avesse ragione. Lo ‘scagionamento’ di Visconti fu sicuramente oggetto di trattativa, ma il ruolo della Denis non fu determinante. Prova ne sia anche la testimonianza di mia madre, staffetta partigiana, incaricata di controllarla nei suoi movimenti e nella veridicità delle sue parole. Il fatto è che la Roma dell’inverno ’43-’44 è stata un inferno di intrighi, servizi segreti, spie, attentati, delazioni e feroci rese dei conti che hanno travolto tutta una generazione di uomini e donne. Anche le più belle e passionali. Come sicuramente furono mia madre Fulvia e Maria Denis..
Resistenza Telefoni Bianchi. Banda Koch