Poesia per la madre

Mia madre in guerra sapeva ridere. E continuò nei decenni successivi. Negli anni sessanta era felice ed io con lei. Tutto era finito e tutto risorgeva. Nei settanta avemmo paura, viaggiare divenne difficile, cercavamo di non pensarci. Guardavamo le valigie, le stazioni erano luoghi in cui non stare. Ma vivemmo lo stesso, con insana fiducia. Diceva sempre che avrebbe rivissuto ogni attimo, e ne ebbe di bruttissimi. Di dolorosi. Oggi il suo passo da ricordare mi mette allegria, anche se attraversa una strada di un luogo triste, la casa lontana e distrutta, la città bombardata. I nostri sono altri tempi, non il sorriso. Quello della gioventù.
2 maggio (giorno in cui quattro anni fa si è spenta)

Di cosa ti accorgi
se ripeti il mio nome
stringi il lenzuolo
le dita sulle mie.
Avevi un collo di pelliccia una volta
un cappotto bianco
riempivi armadi, scarpe alte ai piedi
colori sul labbro
ora la notte è lunga
piangi alla carezza
entra il giorno, posa sul letto
un brivido nel caldo del mattino
il tuo respiro copre il silenzio della casa
sul pavimento solo i nostri passi.

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