Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio… Don Luca, prete di una parrocchia alla periferia di Roma, così catechizza le ragazze e i ragazzi che gli stanno intorno. Con l’incitamento alla purezza. Ma spingendosi oltre il normale insegnamento propone loro un vincolo di castità fino al giorno del matrimonio. Agnese, che sta per compiere 18 anni, comincia a pensare seriamente al voto, spinta anche dalla madre, devota e osservante fino all’ossessione.
Roberto De Paolis (classe 1980), al suo primo lungometraggio, realizza un film duro, scomodo che abbandona da subito il politicamente corretto, per addentrarsi nella realtà infelice della borgata romana. Dove il confine tra buoni e cattivi è labile e resta solo l’individualità delle persone e delle scelte che compiono. Così Stefano, che fa il guardiano in un parcheggio confinante con un campo Rom, non è migliore o peggiore, e soprattutto non si sente tale, dei nomadi limitrofi con cui è teoricamente in guerra. L’incontro/scontro iniziale tra Agnese e Stefano, scena con cui si apre il film, segna un ulteriore superamento di quel confine. Le vite dei due ragazzi, entrambi imprigionati in uno schema, quello dell’integralismo cattolico lei, e quello malavitoso lui, si aggrovigliano in una ricerca reciproca di conoscenza e di aspirazione alla libertà. De Paolis, che lavora al montaggio da anni, ha studiato dal vivo la realtà di Tor Sapienza, periferia a est di Roma. Nulla di quanto raccontato sembra di maniera. I dialoghi sono tesi, autentici sia nella loro banale semplicità sia, a volte, in una inaspettata profondità. La macchina da presa inquadra vicinissima i protagonisti, incollata ai loro sguardi teneri, sofferenti, trasognati, al corpo minuto di Agnese, ancora adolescenziale, e a quello robusto di Stefano. Si sofferma con spietato realismo sul campo rom, sul parcheggio devastato dai rifiuti e sulla rete che divide le due zone. Divise eppure contigue nella desolazione e nella mancanza di riscatto. Riscatto che in modo confuso e irrisolto troveranno Agnese e Stefano. Salvati, quasi loro malgrado e malgrado il degrado fisico e morale che li circonda, dalla purezza grezza dei loro cuori. Anche e soprattutto con il film di De Paolis si conferma la vitalità del cinema d’autore italiano. Dopo Sole cuore amore e in misura minore di Fortunata, tutti ambientati nelle borgate capitoline, “Cuori puri” dimostra che il dramma borghese e la commedia all’italiana sono generi superati e che il neorealismo 2.0 affascina pubblico e critica. Con tre candidature ai Nastri d’Argento, due giovani e bravissimi attori: Selene Caramazza nel ruolo di Agnese, Simone Liberati in quello di Stefano e la perla di Barbora Bobulova che impersona la madre devota, Cuori puri è un film di quasi due ore, tutt’altro che rassicurante e che spesso fa male allo stomaco per la sua crudezza, ma che di sicuro ti resta dentro, molto oltre i titoli di coda.
Cuori puri di Roberto De Paolis (Italia 2017)