Chef. Chef ovunque, siamo circondati da chef o sedicenti tali.
Come ti giri c’è un programma di cucina. Anzi, un REALITY di cucina. Mastro Cuoco, Mastro Pasticciere, Mastro Antipastaio, Mastro Cuoco Junior.
Se non bastasse, gli chef spuntano anche in ambiti a loro estranei. Magazine sui motori? C’è un cuoco di nome tra i presentatori. Talk-show sull’attualità, lo sport, la politica? Cuochi come opinionisti. Trasmissioni di musica, canto, ballo, ginnastica per anziani? Cuochi come ospiti.
E le pubblicità, naturale. Per i prodotti più svariati. Tonno in scatola, pentole, scarpe da ginnastica, cacciaviti, lassativi? Il testimonial è un… sì, esatto.
Uno chef stra-conosciuto reclamizza sia delle patatine in busta sia dei cessi di marca. Nessuno ci vede una sottile ironia?
Di più. Tengono rubriche con consigli di vita, dispensano saggezza culinar-filosofica con lo sguardo di chi ha visto oltre l’orizzonte e riporta segreti a noi mortali.
E cosa dire del cuoco life coach, che piomba di peso nei ristoranti più scalcinati della Penisola? Due scapaccioni, un’occhiataccia e lo staff rinsavisce. Tutti a giocare a calcetto, metafora del lavoro di squadra, e vedi lo zen negli occhi di camerieri, responsabili di sala e proprietarie eccentriche. Un restyling del locale e via, verso il successo.
Ormai gli chef sono maître à penser, i sacerdoti della nuova religione del cibo. Naturalmente si punzecchiano a distanza, si alleano, si disprezzano, raccolgono attorno a loro folle di seguaci adoranti, in mezzo ai quali scendono di tanto in tanto come dèi incarnati.
Basta. Davvero non se ne può più.
Firmate anche voi la petizione per rispedire i cuochi in cucina. E che non si muovano più da lì, per carità del cielo!
Che ricomincino a far da mangiare e la smettano di atteggiarsi a divi.
Firmate!