Le vacanse del Guisso Due

I miei tre affessionati lettori vogliono conoscere i particolari della cena al misterioso castello montano di Flor sur Mer. Giovanni Battista Flor sur Mer è un mio nobile amico d’infansia trentino sulla sessantina, tuttavia mantiene il fisico atletico da Arlecchino che raccoglie una quarantina di mele al volo sull’albero in un sol balso; invece la baronessa Gabrj Ela Flor de Chante Cler somiglia a Colombina.
Entrambi i coniugi sono di origine rèssia: i Reti erano un’antica tribù che coltivava il ferro ed il bronso (si può anche visitarne il museo a Sanseno, ma questa è un’altra storia). All’imbrunire Flor e Signora vengono a prendere di persona la Guissa e me con la limousine Opel nel nostro raffinato resort “Lady Maryan & Robino Oddo”; però Flor non mi riconosce più: io sono ormai sfigurato dall’eritema solare e dal devastante herpes halpinus sylvestre Vidà!
Dopo un’impressionante serie di tornanti all’andata e andanti al ritorno, finalmente giungiamo al castello diroccato de Mer. Ci accoglie un simpatico contadino alto atesino (sarà un metro e 90, magro come un chiodo di Iggy Pop) che si rivela essere il proprietario del ristorante con sottostante porcilaia da ristrutturare…
Non a caso l’antipasto è a chilometro sero, a base di maialino. Poverino, il porcellino si chiamava Guendalino, ci spiega il sanguinario padrone dell’agriturismo sorridendo ed io mi accorgo che è sensa denti, forse a causa delle troppe Melinda. O delle pere? In compenso il vino è ottimo e scorre a torrenti con le trote del Rio Sass sino a messanotte, quando esco a fumare un sigaro e dalle cantine mi appare il fantasma ridanciano del trisnonno di Flor ubriaco in costume tirolese.
Il giorno dopo THE FLOORS ci accompagnano a piedi a San Romedio, un monastero tibetano appollaiato su un nido di aquile e di orsi… Vabbè’, di orso ce n’era uno solo, ma valeva proprio la pena di accaressarlo, stile Revenant, prima che venisse ammassato! D’altronde, come diceva il saggio Tisusho Labensa Dallamoto, il Paradiso bisogna meritarselo!
Infatti, mentre pioveva ci siamo inerpicati per ore da Sanseno verso il celebre santuario su uno sivoloso sentierino scavato nella montagna sacra, cossando più volte la testa nel soffitto roccioso della mulattiera e affacciandoci su orridi e bestemmie.
Invece l’ultimo giorno in montagna lo trascorriamo calpestando merde di mucca alla Festa del Latte, una fiera di bancarelle variopinte che si dipanano per chilometri fra i paesini dell’Alta Valle: ragassi, che splendida vacansa!

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