Lo sconquasso delle onde che giocano a rincorrersi ti fa chiedere se sia il mare a muoversi, o la tua testa. Il passeggero vedrà il mondo mosso per ore anche dopo aver toccato terra ma io no, perché ci sono abituato. Profumo di mare, che mischiandosi al fumo e al combustibile diventa puzza.
Divanetti logori; sempre gli stessi da almeno trent’anni a questa parte.
Oblò impiastricciati di uno spesso strato di salsedine, tanto da rendere i vetri impenetrabili alla vista. E in più, quel vizio di sparare l’aria condizionata a palla. I passeggeri devono conservarsi bene, come i filetti di merluzzo al supermercato.
La traversata è lunga ma per noi, che sulle navi ci lavoriamo, non è una traversata: è vita. Vita di mare. Periodi interminabili senza toccare terra, sforzandoci di non apparire alienati dentro una divisa che con l’andar del tempo è diventata troppo stretta, o troppo larga. Queste non sono navi da crociera. Niente divise su misura. Il lusso non è certo il punto forte della compagnia, ma stiamo a galla, ed è questa la cosa più importante.
Questo trabiccolo stanotte si agita parecchio. Ti pareva che non doveva far brutto oggi, il giorno del mio compleanno. Un’altra ricorrenza da passare qui, lontano dalla terraferma e dagli affetti.
Il ristorante fra poco chiuderà: è rimasta solo una coppietta annoiata che cerca di ingannare il tempo mangiando molto lentamente.
Decido di avvicinarmi a loro. “Signori, oggi è il mio compleanno. Gradite un po’ di spumante?”.
Sorridono. “Volentieri. Tanti auguri!”.
“Eh, sapeste, non è tanto bello star sempre qua, ma il compleanno va festeggiato comunque. Volevo festeggiare con qualcuno, ma non ditelo agli altri passeggeri”. Trangugio il liquido dorato. Bollicine. Bollicine anche dentro il bicchiere. Solleticano la gola, proprio come fa la schiuma di mare. E’ il mio capodanno personale. Inizia un nuovo anno, da vivere lungo lo squarcio spumoso della prua.