Inconsciamente la cerco, o mi aspetto di essere trovata da lei. Come al solito, da parecchie estati, sulla battigia dell’Ultima.
Luglio 2008. “Ciao Nadia”. La prima volta non l’avevo riconosciuta. La malattia, le medicine. Poi, arrancando impacciata sul suo discorso:
“Ornella non doveva trattare così Silvana…. Un rancore oltre la morte. Neanche al funerale”.
(Ah, ecco chi sei). Ci siamo guardate in silenzio. Condividendo il ricordo. Nessuna di noi due arrivava a comprendere un odio tanto implacabile.
Luglio 2010. Elsa era infagottata nel suo caffettano arancione, ferita, ma non sconfitta. Prima il marito, poi la figlia. Accennava alla propria malattia con leggerezza, come a un pensiero appena fastidioso. Era tutta presa da un progetto. La mostra collettiva in ricordo del suo Ettore. Fu naturale darle una mano. Giovanna scattò le foto al cavallo Sleipnir. Elsa era quasi felice, incantata.
Agosto 2012. Terrazza sul mare. Una frase secca: “Elsa è morta sei mesi fa”. Accuso il colpo. Ma in fondo lo sapevo. Cammino lungo la spiaggia, verso “La Dogana”, dove sempre c’incontravamo per caso. Mi sembra di vederla, nel suo caffettano arancione. Viene verso di me. Le vado incontro: “ehi, ciao Elsa, pensa che mi hanno detto…”
Macché
È solo
Un crudele
Gioco
Del sole
Al tramonto.