New York, febbraio – I ragazzi della scuola di Parkland in Florida, ultimo scenario dell’ennesima carneficina, si stanno ribellando alla prepotenza dei produttori di armi: hanno sfidato Trump, si rivolgono a lui direttamente, gli rispondono su Twitter e invitano gli adulti a proteggerli. Non si sono fermati un solo giorno, dal 14 febbraio, nonostante l’enorme trauma subito. Nonostante abbiano perso amici e insegnanti e siano ancora in pellegrinaggio per far visita ad altri feriti in ospedale.
I mass media e molti testimonial stanno rilanciando il loro messaggio, senza tregua. Nate Silver, il mago dei sondaggi e dei numeri, ha scritto ieri che, per la prima volta, l’attenzione pubblica verso la sparatoria non accenna a calare. E il 24 marzo in tutti gli USA ci sarà una marcia chiamata proprio “Marcia per salvare le nostre vite”.
A volte le speranze, flebili ma luminose, si accendono proprio nei periodi più cupi. Spero che questo sia finalmente il #metoo delle armi: una rivoluzione. Nata dalle vittime. Come l’altra. E che – non in un giorno – ma nel tempo, fosse anche un tempo lungo, cambierà in meglio questo paese.
Non c’è nulla come la speranza e la resistenza che aiuti a superare persino la notte più buia. E nell’America di Trump, questa è davvero una notte buia che ha disperatamente bisogno di luce.
Vorrei vedere questa stessa speranza in Italia. Sarebbe salutare per tutti. Non cinismo e rassegnazione, ma partecipazione.
Dicevano che Rosa Parks non poteva sedersi in un autobus, anche se molto stanca, perché aveva la pelle nera.
Dicevano.
NdR (ore 10 e 40 italiane del 22 febbraio) Ecco la risposta di Donald Trump: “ARMIAMO GLI INSEGNANTI”