Stanotte per la prima volta ti ho sognata, mamma. Te lo racconto.
Ero una funambola che camminava su una corda sottile, non guardavo in basso. Guardavo avanti verso la meta, con il cuore in gola. La meta eri tu che mi attendevi sorridendo dall’altra parte. Mi chiamavi, dicendomi di fare attenzione.
Sai mamma, l’equilibrio è un miracolo, ma ero troppo ansiosa di raggiungerti che non pensavo al miracolo, ondeggiavo. La ruvida corda mi tagliava i piedi – ma ho iniziato a camminare più veloce. Lo so, avrei potuto cadere nella vertigine del vuoto. Ma è troppo urgente la voglia di toccarti con le mie mani.
Gli ultimi due passi ed ecco sono da te. Mamma, come sei bella, con il tuo tailleur rosso, il preferito, distinguo persino il tuo profumo, tu sei tornata giovane e io sono vecchia. Scuoti la testa mentre mi abbracci.
Ti sento fredda, cerco di scaldarti, la tua pelle è ghiacciata, non sento il tuo calore. Mentre ti abbraccio penso a quanto sia strano che debba essere io, figlia, a scaldarti. Tu, madre, lo hai fatto tutta la vita con me.
Piano piano ti allontani, sempre parlandomi, la tua voce diventa un sussurro. Il tuo sguardo dolce e autoritario, l’ultimo sorriso e scompari.
Il sogno è finito. Non ci sei più. Tornerai, lo so.