Mi ricordo bambina che il Bambino pregavo:
“Fammi essere buona”, seria io lo invocavo,
“Così tutti alla fine più felici saranno”,
terminavo compunta, certa che il più gran danno
derivasse agli adulti dal mio disobbedire,
dal mio essere sorda al continuo inveire
contro le canzonette intonate a gran voce,
le risposte ribelli e poi, cosa più atroce,
lo sfidare lo sguardo di chi, a mani già alzate,
ripeteva: “Stai ferma: te le sei meritate!”.
Ho pregato, ho creduto, ho cercato il Signore,
come mi hanno insegnato nel collegio di suore,
l’ho smarrito, l’ho perso, non l’ho più ritrovato,
si è sbiadito per sempre, si è confuso col Fato.
Credo ora nel Kaos, nella disillusione,
a un destino che toglie senza dar spiegazione,
a un disegno che sfugge qualsivoglia certezza,
al continuo alternarsi di piacere e amarezza.
Credo nel cieco oblio della vita sognata,
alla forza dell’io quando sei disperata.
Per l’inganno perenne di illusioni impreviste,
credo ora all’assenza di quel Ciel che ci assiste.