Meno male che è in 3D, altrimenti Prometheus non offrirebbe niente di nuovo, anche perchè si tratta di un prequel di Alien, che già contava tre sequel, e si prospetta già il sequel del prequel. Ogni volta è lo stesso film, solo più brutto (come i palinsesti Rai e la nostra classe politica).
Anche la dottoressa eroina del film, la cui fede incrollabile è testimoniata da una croce al collo da cui non si separa mai (come Simona Ventura), è decisamente più brutta di Sigourney Weaver (del resto anche Fiorito è più brutto di Mastella). Per non sorprenderci troppo, rimane anche lei incinta del mostro, che è pronto a scatenarsi di nuovo in vista del sequel del prequel.
Il finanziatore della costosissima avventura spaziale alla ricerca degli ipotetici creatori o distruttori ( ma si capirà nel sequel del prequel) della razza umana è un vecchio decrepito che vuole diventare immortale, identico a uno dei Soliti Idioti. Poteva pensarci prima, quando era meno brutto.
I personaggi di contorno sono astronauti completamente scemi dato che, non appena si avventurano dentro una caverna inquietante in un pianeta sconosciuto e inospitale, si tolgono il casco e giocano con degli orribili vermoni che escono da un liquido sospetto, facendosi anche le canne, cosa che spiega il motivo della loro mancanza di lucidità. Ovviamente il vermone li massacra.
Charlize Theron è inguainata in tutine che ne mettono in risalto le belle forme e si aggira dentro l’astronave con delle scarpe tacco dodici e plateau, decisamente inadatte, ed è sicuramente quello che pensa anche lei, con la sua unica espressione, che mantiene inalterata per le due ore e 22 minuti del filmone. Il capitano della nave, ovviamente afroamericano, munito di fisarmonica di Stephen Stills, un reperto di Woodstock, e il suo secondo, ovviamente asiatico, si sacrificano come Bruce Willis in Armageddon (Ma un’idea nuova, no?! Spendete un fracasso di soldi, pagate anche degli sceneggiatori!).
L’unico elemento interessante è quel figone veramente “spaziale” di Fassbender, che fa l’androide intellettuale e si pettina come Peter O’ Toole in Lawrence D’Arabia. Fassbender, bello senz’anima, in quanto maschio e in quanto androide, è molto sexy anche quando rimane solo capoccia, debitamente staccata con una mazzata dal mostro progenitore di dimensioni titaniche, il cui cuore pulsa ancora dopo duemila anni.
Anche l’androide non brilla per intelligenza (essendo artificiale poteva essere progettata meglio). Per fare bella figura con il vecchietto dei Soliti Idioti (che sia gay? Lo scopriremo nel sequel del prequel), scoperchia il sarcofago dove il Titano si era auto-congelato in mezzo al gotha dei cattivi planetari, riuniti stile tavola rotonda e pronti a partire per corrompere l’universo con tonnellate di Alien (tipo Consiglio Regionale del Lazio).
Poi, non si sa perché (ma lo scopriremo nel sequel del prequel), non ce l’hanno fatta (a differenza del Consiglio Regionale del Lazio). Divertente la scena in cui il progenitore si alza dal sarcofago e Fassbender, educatamente, gli rivolge un saluto in una lingua antichissima che ha imparato via skype durante il viaggio in astronave. Evidentemente non l’ha imparata bene: forse invece di “Salute a te grande progenitore”, gli dice “Li mortacci tua, quanto sei brutto” e quello gli stacca la testa, che la dottoressa, nel convulso finalissimo in mezzo a una tempesta magnetica, infila in una borsa da viaggio con manici: accessorio che si può trovare da Zara e non si capisce come mai faccia parte del corredo dell’astronauta. Nel sequel del prequel vogliamo solo Prada! Vedere per credere. Meno male che non avevo pagato il biglietto (a differenza delle tasse regionali).