Un tourbillion di epoche, dall’anno mille a oggi, un poeta che cerca ispirazione tra ogni peripezia, una donna ricciuta e nera, storpia e magica, intrighi bizantini e normanni tra guerre e conquiste, un popolo oppresso che crede ai miracoli (che avvengono).
E poi lei, Napoli, stracolma di umanità e misteri nella quale il poeta, Teofanès, e la donna magica, Morfisa, si incontrano sul filo della narrazione di storie. E di storie che si intrecciano vorticosamente ce ne sono infinite in Morfisa o l’acqua che dorme di Antonella Cilento (Mondadori). Un romanzo che non dà respiro per quante realtà e fantasie si mescolano ma che ci dice molto: di una città nata non a caso da un Uovo irridente, del ruolo subalterno delle donne che sanno ribellarsi, delle losche trame del potere.
Il potere più intenso però, per Cilento, è quello della parola. Una lingua, la sua, che si fa immagine, tantissime immagini di infiniti accadimenti, colta e carnosa, fantastica e dialettale. Il connubio di storia e scrittura fonda su elementi naturali, protagonista è l’acqua che scorre nel mare del golfo o in un sottosuolo nascosto, acqua che si fa bolla e esce dalla bocca di una carpa per vedere futuro e passato insieme, acqua che, una volta immersi, fa viaggiare nel tempo e nello spazio.
Il romanzo è popolato, proprio come la Napoli brulicante, di miriadi di personaggi sempre in bilico tra fatti storici documentati e ambienti e date inventate e ricreate, e anche in bilico tra nobiltà e popolino, tra chi è in auge e comanda e chi lo soppianta in un battibaleno.
In mezzo a mille pericoli Teofanès il bizantino, che diventa anche donna, assiste, nella sua missione di riportare in madre patria una moglie per Costantino, alla lotta per accaparrarsi il regno di Napoli dove si accavallano le ragioni e i sentimenti, le trame e le credenze. E dove il sovrannaturale fa da padrone, si crede, si adora, si inveisce, si è saggi e scriteriati, superstiziosi e prosaici.
Un romanzo diverso totalmente dal panorama letterario italiano di crisi interiori o di memoria che riaffiora. Poliedrico e avviluppante, ci porta in un mondo dell’altrove dentro la tradizione, dove tragedia e comicità si alternano con sapienza soprattutto grazie a una scrittura, anche lei, intrisa di magie.