Quando cala la sera, Laura aumenta il passo. Ha solo voglia di tornare a casa. Indisturbata. Ancora invisibile.
Anno dopo anno. Dall’interno. Da un buco. Da una tapparella semichiusa, prima di coricarsi: l’ultimo mozzicone di sigaretta accende un rituale, dal gusto sempre un po’ più amaro. Ma non si scosta la tenda dell’ansia.
Inspira ed espira. Frenetica. Ormai è condannata. Ed è più difficile abbandonare il peso della colpa quando si è innocenti. Perciò, coattivamente, continua a rubare. Presunti istanti di vita. Sempre alla finestra di fronte.
Per anni, prigioniera più di sé stessa, l’attende solo una banale, quotidiana solitudine. Sempre più severa. Poi il Silenzio.
Si spengono le luci. Anche la luna si è schiantata sui binari. Su quei treni “dell’impossibile”, lei ha viaggiato troppo. Ha perso! Troppo e troppo spesso. Altra la sua, di velocità.
Ci si sfiora per un istante. Si inciampa in quel sali e scendi. Ignari si continua a camminare. Fianco a fianco, seguendo il ritmo meccanico. Ma il frastuono di latta non è musica. Non si può ascoltare. Non ci si sente.
Di questi tempi non ci si incontra. Non più “Solitudini Parallele”. Basterebbe così poco. Il coraggio! Basterebbe allungare un poco di più la mano. Accarezzare un viso. Lasciarsi trafiggere da quel benedetto raggio di sole. Prima che cali la sera.
Ansia Incomunicabilità Solitudine