Stando a quello che si legge sui social, ed era inevitabile, il referendum Atac si va configurando come un plebiscito sulla persona di Virginia Raggi – non sul suo operato, si badi, perché quello è a dir poco mediocre – naturalmente per “sventare l’ennesimo attacco del pd”. Che dire, chi può permettersi due taxi al giorno lo faccia, tanto l’autobus a Roma lo prendono i ragazzi che vanno a scuola, i vecchi e gli immigrati.
Io voto sì comunque (il referendum è solo consultivo, ma ha una significativa valenza politica), però leggo in giro le pensose e verbose riflessioni di chi osserva “ma il privato pensa solo al profitto”: non si parla di privatizzazione ma di liberalizzazione sotto il controllo del pubblico, “poi in periferia non passerebbero più bus” (adesso non passano manco al centro), e “l’occupazione, chi ci pensa all’occupazione?” – anche se le facce dei conducenti Atac – quelli che ti sballottolano di malavoglia a rischio di frattura del femore e inchiodano a ogni fermata come se scoprissero solo allora che esistono le fermate – hanno l’espressione torva di chi si chiede “che ci faccio qui, mentre potrei essere un tronista ad Amici della De Filippi?”.
Complice un quorum stellare (700mila votanti), noi romani sembriamo condannati all’insostenibile pesantezza dell’attesa dell’83, quarantacinque minuti in media, sul lungotevere di Testaccio, contemplando sconfortati il San Michele e Porta Portese. E’ inutile sgolarsi a dire che Atac ha oltre 11mila dipendenti, più di quanti ne conti Alitalia; che l’assenteismo è al 12,5 per cento (nella municipalizzata dei trasporti milanese è al 7,1); che falsi certificati di malattia e aggiramenti della legge 104 sull’assistenza a familiari in condizioni di disabilità la fanno da padrone (è noto il caso del “Califfo”, il conducente che figurava in malattia e che la sera si esibiva nei night emulando Califano); ed è del 10 ottobre, quindi a dir poco tardiva, a ridosso com’è del referendum dell’11 novembre, la notizia del licenziamento di 26 assenteisti.
E in ogni caso, su 11.346 dipendenti sono 2.888 quelli che godono del permesso familiare, ovvero il 25 per cento della forza lavoro, mentre nel settore privato la media è del 3,15 per cento. Infine, ciliegina sulla torta, è arrivata ieri la notizia che anche quest’anno, come da nefasta tradizione, in servizio ai seggi come scrutatori sarà impiegata una legione di dipendenti Atac: vale a dire che si prepara una domenica infernale, causa indisponibilità di mezzi per assenza conducenti, ma soprattutto servirà un gigantesco atto di fede nel genere umano per non sospettare che qualche “manina” interessata al mantenimento del posto sia tentata di aggiustare il voto.
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