In un ben riuscito mondo parallelo troviamo illustri esponenti del canottieresimo (sacra vocazione per la canotta da parte di individui di sesso maschile) quali Johnny Depp, Paul Newman o il magnifico Patrick Swayze di Dirty Dancing, per citare a caso.
Nel meno riuscito mondo reale al massimo si trova qualche fisicato: uomo palestrato di stirpe tamarrica che appena lo guardi ti fa subito rimpiangere di esserti girata dalla sua parte, perché qualsiasi occhiata, anche se impietosa e crudele, si traduce per lui in animalesco interesse all’accoppiamento.
Se va bene.
Perché se va male, nell’imperfettissimo lato B del mondo reale, o più propriamente sul balcone di fronte, troviamo il re dei re di questa ingloriosa fauna: il dirimpettaio piacio-provolone.
Un essere perennemente affacciato, come i gerani ma meno bello.
L’irriducibile, un uomo una fede: la sua canotta. E non c’è cleopatra o altra freddosità che tenga: sfoggio d’orgogliosa ascella sempre, senza paura e senza ritegno.
Il termine stesso, canotta, deve averlo indotto all’equivoco. Ché se il fisico si avvia a spiccate somiglianze col canotto, non per forza occorre girare in canotta.
Bisognerà davvero aspettare la neve, mi chiedo, per vederlo con una felpa, un pigiama, un filo di scozia, un sospetto?
In questo periodo di foulard, blazer e maglioncini, di spogli vorremmo solo gli alberi.
Ma il piacio-provolone, tutto questo, non lo sa. E beato nella sua tamarritudine ammicca, saluta una donna che attraversa il cortile sottostante, anche lei con licenza di uccidere lo stile.
Poi commenta: «Ma che s’è messa addosso?».