Come era prevedibile, le primarie per l’elezione del nuovo segretario Pd sono state l’evento politico più significativo degli ultimi mesi, forse addirittura il più importante da quando è in carica l’attuale governo.
La necessità che fosse presente, a garanzia del corretto funzionamento democratico della Repubblica, un’opposizione dalle caratteristiche più definite e strutturate era urgente. La partecipazione alla consultazione è stata imponente, intorno al 1.800.000 voti, e questo conferisce il necessario peso al risultato, favorevole al candidato Nicola Zingaretti con larghissima percentuale.
Dunque, un fatto in se stesso certamente molto positivo.
Analizzando però in prospettiva l’esito del voto, è facile rendersi conto che, smaltiti gli entusiasmi della sinistra per una ritrovata identità, restano in buona parte in piedi i problemi di una geografia politica ancora molto nebulosa, soprattutto nell’ottica della legge elettorale in vigore.
Il Pd a guida Zingaretti si presenta con vocazione oppositiva o ha ambizioni di governo? In questo secondo caso, prima o poi dovrà scegliersi un alleato in grado di garantirgli la necessaria maggioranza. Impresa tutt’altro che facile, almeno a prima vista, perché tra questo “nuovo” Pd e le molte individualità (che unite insieme diventano una robusta corrente di pensiero) di tendenza riformista ci sono differenze politiche sostanziali e al momento del voto il sostegno dell’elettorato che guarda a Matteo Renzi, Roberto Giachetti o Carlo Calenda non è affatto scontato. Non si tratta (solo) di guerra fredda, ma di orientamenti di base molto diversi.
Penso, in conclusione, che la situazione dopo-primarie Pd sia il brodo di coltura ideale per la nascita, in Italia, di un qualcosa che sia finalmente affrancato dalla morsa fascismo-comunismo, in senso liberaldemocratico e progressista. E che questo movimento vada incoraggiato in ogni modo, senza urgenze né forzature, da parte di chi crede che la chiarezza sia un valore molto importante, in politica. Per avviare in tempi non eccessivamente lunghi il Paese a superare le turbolenze populiste che mostrano già crepe piuttosto vistose.
Matteo Renzi Nicola Zingaretti PD