Vivo a Murano, scoglio traslucido immerso nella laguna veneziana. Sono una fumatrice.
Squattrinata. Non compro mai una stecca di bionde: preferisco il lento stillicidio quotidiano, ché quattro euro e trenta al dì fingono di confondersi con le altre spese – e attentano alle coronarie solo in senso stretto. Le ultime due cicche, avanzate da un parco consumo serale, le finisco domenica all’alba. L’unico tabaccaio aperto di festivo, naturalmente, è all’altro capo dell’isola. E piove. E tira un vento di scirocco che ti porta via. E l’acqua alta raggiunge il metro e mezzo, sfondando il picco massimo stagionale, le deboli paratie dei magazzini, il confine tra rio e riva. L’acqua sale e corrode la sottile pelle testicolare degli indigeni, già duramente messa alla prova da passerelle inesistenti, gaudenti turisti in ammollo, battelli più o meno ebbri.
Indosso la cerata (due euro per una gigantesca taglia unisex) e gli stivali di gomma; ad altezza ginocchio, che per quelli alla John Wayne-idrorepellente tocca fare un mutuo, e chevvelodicoaffare. In tutto il mio splendore da pescatore di Norvegia, raccatto le monete e le chiavi di casa; poi apro la porta, allungo una tibia e splash.
Arranco. Le folate d’aria scoperchiano i cabinati, schiantano gli scuri contro le finestre, fischiano sotto i ponti con acuti sinistri. Lungo la calle, fiume in piena, incrocio un gabbiano galleggiante e il solito nonno di San Donato, fiero sosia di Little Tony. La cotta impermeabile mi turbina addosso. Mentre lotto contro il cordino che m’incappuccia il cranio, ripeto a fior di labbra una Serenissima maledizione, che si potrebbe tradurre così: “Se dovessi udire del giubilo, nel noto idioma nordico, trillato dall’ennesimo escrementizio deutsch-coso che, sguazzando nel putridume, si felicita dell’improvvisa, straordinaria alta marea, giuro che io, quel crucco, lo affogo!”. Perché sì, evviva, sono tornati i tedeschi a Venezia, beati loro. Epperò eccheppalle!
Raggiungo la bottega di sali e tabacchi, sfoggio il collaudato “uno-di-diana-blu-morbide-grazie” e torno sui miei passi. Be’, sarebbe più corretto parlare di bracciate, in effetti.
Ogni fradicia, lenta falcata scandisce il ritmo delle mie imprecazioni. E no, niente germanici “Ühhh!” con i quali pigliarsela. Con le ginocchia a mollo, mi è chiara una cosa: ci vuole un talento speciale per essere fumatori, vivere a Murano, finire le sigarette di domenica e andarle a comprare proprio mentre l’acqua raggiunge la punta massima sul medio-mare.
E idiota, modestamente, io ci nacqui.