Chiariamo subito una cosa: Minia è un tipetto difficile. La ragazza più buona del mondo, ma volitiva e testarda come uno di quei ciuchini per cui stravede, insieme a tutto il mondo animale.
Sono anni e anni che sta cercando casa, e non è un compito facile per i genitori, tra i quali mi annovero come parte maschile, ovviamente. Il fatto è che i soldi sono davvero pochi, e trovare la casa giusta è sempre un’impresa titanica. Lo è per i ricchi, figuriamoci per noi: uno scrittore e un’insegnante, categorie notoriamente sfigate almeno in Italia. Lei, Minia è una grande artista sui trent’anni. Come dire ancora più economicamente sfigata.
Insomma, qualche giorno fa io e la mamma di Minia andiamo a vedere una casa che lei, nostra figlia, ci ha segnalato come fantastica, stupenda. I padroni sono due vecchietti meravigliosi, dice, c’è un terrazzo enorme e una gabbia piena zeppa di pappagallini. Già, ma si rivela un piano terra infossato, che per raggiungerlo si percorre una rampa con pendenza che manco il nido d’aquila di Hitler a Berchetesgaden. E costa un prezzo esagerato, per quello che…
Perplessi ci avviamo, sotto un sole implacabile, per le viuzze del quartiere, periferico ma carino, riflettendo sulle argomentazioni da opporre a Minia. Prima di stramazzare a terra, perduti nel dedalo, intravediamo l’insegna di un’agenzia immobiliare. La faccio breve: entriamo, più che altro per sederci un po’ al fresco, parliamo col titolare che ci propone degli affari. Uno ci sembra addirittura fiabesco. Ci sono delle beghe da affrontare, ma tutto è spiegato con chiarezza e non sembra niente di insuperabile.
Ed eccoci, il giorno seguente, tutti e tre a visionare ciò che per anni era apparso impossibile. Ma il bello deve ancora venire: Minia è contrariata dal parere negativo da noi espresso sulla casa che piaceva a lei, dunque appare maldisposta. Da fuori la casa è innegabilmente bellissima. Rivestimento in cortina, terzo piano, tantissimo verde intorno. Strada tranquillissima e ben posizionata nel quartiere. Ma è l’aspetto indubbiamente “borghese” , l’ostacolo. Minia ama le situazioni povere, che trasudano umanità.
Siamo nell’androne, molto ben rifinito, ci avviamo all’ascensore. L’ascensore. Roba da casa di lusso, per lei.
Ma proprio in ascensore si apre la prima crepa: un quadretto appeso nella cabina la rende simpatica, amichevole. Minia lo nota e registra. Ci riceve l’inquilino, un signore cordiale che ha il problema di tenere a bada un gatto che vuole scappare fuori non appena ne ha l’occasione. Minia idolatra i gatti, ed è un altro punto a favore, subito raddoppiato dalla visione di un altro gatto, grasso e pacifico, che staziona in soggiorno. La casa è proprio carina. Dal soggiorno accediamo, scortati dall’agente immobiliare e dall’inquilino, in un terrazzo delizioso, di quelli che gli annunci definiscono “immersi nel verde”. Vivibilissimo, per giunta. Minia ha cambiato faccia, ha un sorriso senza ombra di ombre. Bagno e cucina sono a posto, Minia fa: “Ma non c’è la camera da letto?”
Non solo c’è, ma è anche grande e affaccia su un altro terrazzo, più piccolo. Sempre immerso nel verde.
E’ scattato quel momento in cui il sentimento dominante è, per noi e soprattutto per Minia, il terrore di perdere il gioiello inseguito da tempo immemorabile.
Ogni cosa, ogni particolare che si palesa giù in strada, dove confabuliamo emozionati, nel bar dove prendiamo il caffè, nel percorso esplorativo delle strade limitrofe, sembra un segno del destino, come la grande scritta che apparve nel cielo all’imperatore Costantino: “IN HOC SIGNO VINCES”.
Si torna in agenzia. Diamo un piccolo acconto e facciamo la proposta d’acquisto.
Speriamo che vada tutto bene. Costantino comunque la sua battaglia la vinse, a Ponte Milvio, e cambiò la Storia.