Oggi il sole in spiaggia scalda quasi più che in Africa. Ogni tanto approfitto del riparo di un ombrellone, mentre cerco di vendere la mia mercanzia. Ho materassi, fenicotteri, unicorni gonfiabili, ciambelle, braccioli… Ce n’è per tutti: uomini, donne, vecchi e bambini. Farò un buon prezzo per alleggerirmi di tutto. “Sconti, sconti!”. Non voglio riportare nulla a casa. Domani riparto per l’Africa, a consolare i miei con un po’ del mio guadagno.
Soffia il vento, ma il cielo è coperto e fa più caldo del solito. Tutti andranno a fare il bagno con i loro nuovi acquisti, e zac! Io li guarderò dalla strada mentre prenderanno il largo, ognuno verso una propria direzione. Come schegge impazzite.
Grazie al maestrale, sì, ma non solo, perché sotto ciascuno di quei cosi ho impiantato un piccolo ma potente motore invisibile che li trascinerà via. I miei anni di studi ingegneristici in Africa hanno dato i loro frutti.
A questo prezzo ribassato, hanno comprato tutto. Mi è rimasto solo un gonfiabile. Metto in tasca i soldi. Dopo un attimo eccolo, l’ultimo cliente prendere il largo, come tutti gli altri.
Io volevo dirvelo, che l’odio non porta bene. Che non ho mai fatto nulla di male, ma oggi volevo provare l’ebbrezza di farvi ripescare dalle motovedette. Che spasso le ciccione pezzate di crema solare, come mucche raccattate qua e là con i loro unicorni, e i bambini frignanti, ma più di tutti “lui”, con la barbetta e la pancia bianca che galleggia come un atollo e urla “Venite a prendermi, ruspaaa!”.