Angela che si gettò dalla finestra

Noi non lo vedremo, l’impatto. Noi, no. Noi dividiamo ancora, pazienti come la tartaruga di Achille, come la freccia che non vuole infilare il bersaglio, noi dividiamo ancora l’ultimo segmento prima dell’impatto. Ancora l’ultimo, e metà dell’ultimo, e metà ancora, dell’ultimo. Noi, non lo vedremo l’impatto. Noi la lasciamo prima, lei, molto prima, risaliamo al davanzale ancora caldo della sua mano, rifacciamo il tragitto ancora pieno del suo grido. Ci issiamo su, per la finestra spalancata, nella stanza vuota, ovunque tracce della tragedia, chiazze di vomito, il gas è aperto e sibila, aperta è la porta d’ingresso e sbatte. Lì c’infiliamo, l’uomo è già per le scale, lo raggiungiamo, lì, dove lui è e non è, ogni scalino ogni scalino inventariando – intento – intento a dividere a moltiplicare, paziente, scrupoloso, intento, enormi somme di spazio. Ora, noi, lo fermiamo. Per sempre.

Lui: “Non importa. Purché io, arrivato in tempo, abbia steso le braccia, l’abbia accolta tutta in me – una volta – sia caduto con lei sul selciato sia ritornato lentamente in casa tenendola tra le braccia, sgridandola, perdonandola io per il male fattomi, lei perdonandomi, io l’abbia convinta a non gettarsi più, a non essersi mai gettata”

5 commenti su “Angela che si gettò dalla finestra”

  1. Roberto Martini

    Solo “dopo” ci rendiamo conto,disperatamente, di aver fatto e detto o non fatto e detto quanto fosse
    giusto e opportuno fare e dire. Se questa rivelazione avviene improvvisamente, di notte, lo strazio è totale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto