Nonno viene su dalla cantina e dice: sono in sciopero. Chi? Facciamo in coro noi, che eravamo tutti seduti a tavola, le tagliatelle al sugo nel piatto. I personaggi del presepe risponde nonno, dicono che si son stufati di rappresentare una scenetta tutti schierati, pecorelle e pastorelli, angeli e lavandaie, si so’ scucciat’, hanno detto proprio così. Ci guardiamo basiti, tutti pensiamo che il nonno si è impazzito proprio. Lo invitiamo a sedersi a tavola e mangiare un pochino, forse lo stomaco vuoto lo fa sragionare. Mangia, beve e ridiscende, quindi torna su con le rivendicazioni sindacali. Punto primo, la sicurezza in volo. Cioè gli angeli piantano un casino che lassù c’è troppo traffico e loro rischiano la vita, intanto la stella cometa latita, dice che lavora e poi non illumina un bel niente e se si spiaccicano chi gli paga l’infortunio? Poi i pastorelli: non si lavora di notte e i festivi – rivendicano – a voi piace l’idea che noi siamo pacifici pastori a rimirar le stelle, ma guidare le pecore al pascolo, lontani dalle famiglie è dura, e non avete idea delle malattie professionali, come l’artrite a causa dell’umido, e la pensione misera che ci tocca poi, se ci arriviamo… E i tre Magi? Non ne parliamo! – dice nonno – sono incazzati neri perché, in quanto extracomunitari, sono discriminati e a momenti nemmeno li fanno entrare: “L’oro dove lo avete rubato? L’incenso ficcatevelo dove dico io e la mirra… Al solito: tutti spacciatori, venite qui a delinquere, non ci bastano i delinquenti nostrani, li dobbiamo pure importare”. A questo punto prendiamo dalle mani del nonno la carta con le proteste degli abitanti dello scatolone natalizio, è scritto anche in bella calligrafia, è proprio scritto da Dio, ma per me l’ha scritto la Madonna, che si vede che è una che ha studiato, mica come San Giuseppe, che si capisce che non aveva voglia e lo hanno mandato alle professionali. ‘Sti due, poveretti, sono disperati, non si trova più il bambinello. Ha incontrato un tizio, raccontano, un certo Luciano… no, Lucifero… no, Lucignolo, ecco lui! Lo ha portato sulla cattiva strada, vanno a far festa in un paese tropicale, Balokkhi pare si chiami. In quella catapecchia dice che non ci vuol stare, preferisce una bella suite con piscina, idromassaggio e champagne e di lavorare a Natale non se ne parla, raga! La cameriera Adelina, in tutta questa concitazione si presenta con un grumo rosso e bianco, la guardiamo come se fosse un serial killer con un cadavere caldo caldo fra le mani. Mentre sventola quel coso, capiamo che ha riesumato il Babbo Natale arrampicatore e al grido di “Eureka!” dice: “Se loro scioperano, noi mettiamo fuori lui, tanto si sa che è un crumiro e pure schiavista che schiavizza quei poveri gnometti e le renne, sfruttati e senza assicurazione” ma anche il Babbo Natale arrampicatore ha di che lamentarsi: “ Eh, no, basta! Per voi terroni ho fatto già abbastanza, io me ne torno nel mio profondo nord e vi arrangiate, volete sempre vivere alle nostre spalle, voialtri”. La cameriera Adelina ci rimane male perché lei è di Busto Arsizio e a esser chiamata terrona non ci è abituata. Nella nostra sfiga ci siamo giocati anche il Babbo Natale arrampicatore, allora Zio Lorenzo, il collezionista di gadget vintage, trova tra i suoi più preziosi cimeli un albero di natale dell’UPIM, annata 85-86, forse un po’ spelacchiato ma, a mali estremi, estremi rimedi e a caval donato non si guarda in bocca. Papà gli batte sulla schiena una manata di giubilo e dice: “Genio, Lorenzo, problema risolto, adesso ci mancano solo le palle”. Mamma, che fino ad allora si era limitata a guardare la ciurma con compatimento, gli rivolge il suo miglior sguardo sarcastico e da par suo sentenzia: “Ecco, bravo, tirale fuori ‘ste palle una volta per tutte!”.