SORRY WE MISSED YOU

Niente Brexit, nessun riferimento ai capitomboli del governo inglese, nessun cenno alle recenti elezioni, eppure, l’ultimo film di Ken il Rosso è un “Manifesto” politico chiaro e netto contro l’iperliberismo e le sue nefaste ricadute sui lavoratori. Come nel precedente “Io, Daniel Blake” il regista britannico affronta il tema della precarietà e del tentativo di riciclarsi in un mercato sempre più avvilente e distruttivo. Questa volta il protagonista è Ricky, un quarantenne che decide di fare il trasportatore free-lance entrando in un ingranaggio che di “free” ha ben poco e che rischia di stritolare lui e la sua famiglia. Una famiglia come tante, che si arrabatta come può: Abby, la moglie, si prende cura a domicilio di anziani e disabili con turni massacranti che la tengono lontana da casa giorno e spesso notte, quasi impossibilitata a seguire le turbolenze del figlio adolescente Seb e la fragilità dell’undicenne Liza Jane. La sceneggiatura è asciutta, essenziale, il ritmo scandito dalle corse contro il tempo che Ricky e Abby sono costretti a fare – lui che piscia nella bottiglietta di plastica nascosta nel furgone per consegnare puntuale la merce, lei che tra un paziente e l’altro cerca di organizzare telefonicamente la giornata dei figli. In mezzo pochi scorci di vita famigliare – a volte teneri, a volte burrascosi e comunque condizionati dal tarlo che li divora: le bollette, i debiti, l’impossibilità di avere una casa propria. Bravissimi gli interpreti, tutti non professionisti, i volti comuni, giovani eppure segnati dall’ansia; precisa la ricostruzione del luogo del lavoro di Ricky: il carica e scarica dettato dagli ordini bruschi del sorvegliante (una specie di Kapò 2.0) e dal cellulare che traccia al millesimo i percorsi e che non tollera ritardi.
Poco amato dai suoi connazionali, l’ottantatreenne Ken Loach confeziona il suo ennesimo film di protesta e, da vecchio comunista impenitente qual è continua a condurre le sue battaglie con intransigenza. Pochi, nella cinematografia odierna, hanno il coraggio di affrontare con lo stesso spietato realismo il tema del lavoro: sicuramente i belgi Dardenne e qualche buon prodotto italiano come “7 minuti” con la regia di Michele Placido o “l’Esodo” di Ciro Formisano. Ma, se nei film precedenti accanto alla denuncia e all’amarezza c’erano anche ironia e minime aspettative, in quest’ultimo “Sorry we missed you” ogni forma di speranza è bandita, il futuro è un buco nero colmo di sfiducia.
Si esce dalla sala muti e sconsolati, lo stomaco a pezzi. Anche se con la certezza di aver visto qualcosa di speciale. Grazie sempre e comunque Mr Loach.
Sorry we missed you di Ken LoachGran Bretagna/Francia/Belgio 2019

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